Apprendere a insegnare, una sfida per la qualità dei corsi di studio

Con il progetto AppI l'Università di Firenze propone un percorso di supporto e di riflessione sulla didattica universitaria. Due le iniziative già in calendario per il 2019, che mettono al centro il valore dell'insegnamento nella formazione superiore.
Campus delle Scienze sociali di Novoli - Archivio Università di Firenze, riproduzione riservata

Il Piano Strategico di Ateneo 2019/21 individua la “Valorizzazione delle risorse umane e politiche per il personale” quale azione fondante del governo delle risorse, necessario presupposto alla realizzazione delle missioni istituzionali dell’Ateneo. In tale ambito costituiscono un obiettivo strategico lo sviluppo e la valorizzazione delle competenze e delle professionalità del personale docente. Per questa finalità sono state predisposte iniziative destinate alla formazione iniziale e continua del personale docente, articolate all’interno del progetto AppI nelle due attività previste per il 2019: “Iniziare a insegnare” (maggio/giugno), dedicata alle competenze di base per la didattica universitaria, e “Didattica e QA” (ottobre/novembre), dedicata al rapporto tra innovazione didattica e miglioramento della qualità dei corsi di studio.

L’Università di Firenze ha promosso già nel 2017 un’indagine, in collaborazione con l’Università di Padova, finalizzata a una prima sensibilizzazione del corpo docente sulle tematiche dell’innovazione didattica e alla  rilevazione delle esigenze di formazione e supporto. Tra ottobre 2018 e gennaio 2019 è stato realizzato un primo ciclo di seminari, a cui ha partecipato un gruppo di docenti interessati al rinnovamento della propria didattica.

Gli incontri hanno coinvolto i docenti in un processo formativo dinamico, peer to peer, basato sul confronto tra pratiche per individuare modalità che meglio rispondano ai bisogni formativi degli studenti, secondo una logica di autovalutazione continua e di rilevazione dell’efficacia delle proposte didattiche.

Questa stessa impostazione ‘laboratoriale’ caratterizzerà le due attività previste per il 2019.

La prima azione, Iniziare a insegnare, si propone di introdurre i ricercatori neoassunti nel complesso sistema della didattica universitaria, anche in considerazione della previsione normativa di coinvolgimento in compiti organizzativo/gestionali e di partecipazione al sistema di governance universitaria.

Le attività di formazione saranno focalizzate sulla progettazione formativa, su approcci metodologici innovativi e sulle problematiche più rilevanti della qualità della didattica universitaria, dedicando  particolare attenzione alla centralità dello studente e alla progettazione per risultati di apprendimento.

L’impegno dell’Ateneo fiorentino per la formazione iniziale e continua del proprio personale docente risponde all’esigenza, consolidata anche a livello internazionale, di migliorare e innovare la didattica universitaria  proprio a garanzia dei risultati di apprendimento degli studenti e all’innalzamento dei livelli di istruzione superiore.

Il passaggio della centralità dell’insegnamento della disciplina, che il ricercatore/docente conosce e padroneggia, alla trasformazione della stessa disciplina in learning objective rappresenta una rivoluzione culturale: è l’avvio di un processo di insegnamento funzionale ai risultati di apprendimento da raggiungere, che gli Atenei sono chiamati ad accompagnare e sostenere.

La qualità e l’innovazione della didattica universitaria sono considerate priorità strategiche anche all’interno del Processo di Bologna. Nel rapporto 2018 della European University Association (EUA), viene posto in evidenza il permanere di criticità e resistenze all’innovazione della didattica universitaria e le Università sono sollecitate a farsi carico del problema e a promuovere misure adeguate per rafforzare l’area della didattica.

A livello internazionale la formazione dei docenti si è posta come questione strategica già da vari anni. In Italia, con la L. 240/2010 i compiti didattici sono entrati come parte integrante ed esplicita anche del ruolo di ricercatore. Ai ricercatori a tempo determinato sono attribuiti il compito di trasformare in contenuto da insegnare la conoscenza prodotta attraverso la ricerca e la responsabilità di sostenere l’apprendimento, operando in modo sinergico all’interno dei Corsi di Studio per il successo formativo degli studenti. La fase di inserimento nel sistema universitario prevede dunque l’immediato confronto dei ricercatori con il sistema della didattica. Agli Atenei spetta dunque il compito di avviare interventi sistematici e strutturati per favorire e sviluppare la capacità di insegnare.

L’apprendistato inizia con l’ingresso, ma manca ciò che dovrebbe caratterizzare questo processo, ovvero l’affiancamento e l’apprendimento per la partecipazione alle attività della comunità accademica: preparare il syllabus, gestire l’aula, effettuare le valutazioni, interagire con il Consiglio di Corso di laurea, partecipare ai compiti istituzionali legati alla didattica, orientarsi nel complesso sistema dei servizi.

Il riconoscimento normativo e le implicazioni derivanti dall’obbligatorietà della didattica sembrano non aver contribuito alla percezione del valore dell’attività di insegnamento: la didattica viene spesso considerata in termini di prestazione di servizio, priva di collegamento con il personale sviluppo professionale, perdendo così di vista il suo significato come attività specifica ed esclusiva degli Atenei in quanto istituzioni di alta formazione.

L’istruzione superiore è il canale attraverso il quale è possibile accedere alle conoscenze più avanzate e comprendere come utilizzarle e trasferirle nei diversi contesti di vita e di lavoro: la didattica è strutturalmente connessa alla ricerca e ne rappresenta uno dei principali strumenti per assicurarne l’impatto sulla società. Ricerca e didattica vengono così a configurarsi come un continuum che sollecita un cambiamento anche nella percezione dell’identità professionale. È proprio il collegamento tra ricerca e didattica che caratterizza e differenzia l’alta formazione da altri contesti di istruzione e determina una modifica sostanziale di ruolo, trasformando il docente da dispensatore di conoscenze (dispenser of knowledge) a produttore di conoscenze e manager dell’apprendimento (manager of learning). Produzione, gestione e trasferimento di conoscenza rappresentano le tre funzioni del sistema dell’istruzione superiore e richiedono lo sviluppo di competenze professionali integrate. La capacità di gestire la conoscenza prodotta, infatti, non riguarda solo la comunicazione, la diffusione e il trasferimento attraverso attività di terza missione: saper gestire la conoscenza prodotta significa saperla trasformare in “oggetto di apprendimento” per gli studenti, che a loro volta la potranno trasferire nei diversi ambiti professionali.

In una prospettiva in via di progressiva affermazione, saper gestire la conoscenza implica anche la capacità di considerare lo studente in termini di produttore di saperi, superando una visione che lo pone come mero utente e fruitore passivo del processo di insegnamento. È una prospettiva che vede la didattica universitaria come luogo di valorizzazione della componente studentesca riconoscendone il valore di risorsa interna il cui potenziale creativo e produttivo è ancora troppo poco considerato e valorizzato nella didattica.

Consentire ai docenti/ricercatori di apprendere come insegnare, valorizzando le conoscenze “incorporate” nella propria ricerca scientifica, è considerato un modo per aumentare il “ritorno sull’investimento” nella scienza.

È questo il quadro in cui l’Ateneo di Firenze intende dare rilevanza strategica allo sviluppo professionale attraverso progetti mirati come AppI e iniziative in rete con altri Atenei.

 

 

 

 

 

 

 


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