Per una storia dell’Università fiorentina

Due volumi dedicati alla storia della Sezione di Filosofia e Filologia dell’Istituto di Studi Superiori di Firenze: l’opera nasce da un’ampia ricerca interdisciplinare che si è avvalsa di una grandissima quantità di materiali d’archivio conservati in varie sedi e mai esplorati sistematicamente.
Dettagli di una antica porta italiana a Firenze, Italia - © Archivio fotografico 123rf - fernandogobbetti

Sono recentemente usciti  due corposi volumi dedicati alla storia della Sezione di Filosofia e Filologia dell’Istituto di Studi Superiori di Firenze. L’opera, che si pubblica dopo molti anni di lavoro, nasce da un’ampia ricerca interdisciplinare che si è avvalsa di una grandissima quantità di materiali d’archivio conservati in varie sedi della ex Facoltà di Lettere e Filosofia, della Biblioteca Umanistica e dell’ateneo fiorentino e mai esplorati sistematicamente (i corposi faldoni degli Affari Resoluti, i verbali dei Consigli di Facoltà, le schede delle carriere degli studenti, l’Archivio storico dell’università ecc.).

Da quelle carte, in apparenza aride, burocratiche e ripetitive, esce invece la cronaca minuziosa della quotidianità accademica di una delle istituzioni più prestigiose d’Italia.

Esaminare quei documenti significa entrare in un mondo variegato e complesso, facendo scoperte impreviste o anche solo incontrando vicende minori, aneddoti curiosi, personaggi di passaggio o di secondo piano eppure tutt’altro che irrilevanti; significa seguire dall’interno la vita culturale di una città come Firenze durante decenni cruciali della sua storia.

Sono molti i nomi inaspettati che escono dagli archivi della sezione di Filosofia e Filologia, e molti gli autografi preziosi nascosti nella corrispondenza ordinaria o fra gli atti amministrativi (il ritrovamento forse più clamoroso ed inopinato è stato quello delle prove d’esame per l’insegnamento del francese del candidato Dino Campana).
L’Istituto di Studi Superiori di Firenze, e in particolare la sezione di Filosofia e Filologia, nonostante alcuni interventi capitali come quelli molto noti di Eugenio Garin o alcuni contenuti nei volumi della Storia dell’Ateneo fiorentino, sono stati infatti fino ad ora poco studiati complessivamente come istituzioni e soprattutto non è stata mai compiuta un’indagine esaustiva sui numerosissimi documenti resistiti ai traslochi e all’alluvione del 1966.

Il Salomone nello stendardo dell’Istituto di Studi Superiori

Non è ai nomi di grande prestigio (Rajna, Comparetti, Villari, Vitelli, Parodi, e gli altri, su cui molto è stato scritto altrove) che questa indagine si rivolge, né alla vastissima e spesso famosa produzione scientifica del corpo docente, ma appunto alla storia della sezione umanistica nel suo insieme, attraverso le sue scelte di indirizzo, le sue molteplici relazioni, la sua integrazione con la città e con l’intera nazione. Una storia non solo accademica, ma che coinvolge un orizzonte sempre più ampio, fino a riverberarsi in Europa e oltre.

La scommessa che il Governo della Toscana faceva nel dicembre 1859, poco prima del plebiscito per l’annessione al regno di Sardegna, fondando a Firenze l’Istituto di Studi Superiori Pratici e di Perfezionamento era stata difficile, forse affrettata e azzardata, vista la situazione politica in rapido divenire e gli scarsissimi mezzi economici a disposizione, e dettata dalla volontà di affermare subito un primato intellettuale e accademico toscano che non fosse più discutibile. L’Istituto nasceva del resto con una ambiguità, una duplicità di fondo ben visibili nella sua stessa definizione di Istituto di Studi Pratici e di Perfezionamento: avrebbe dovuto cioè da un lato preparare a un lavoro qualificato e all’inserimento nella vita attiva, e dall’altro si proponeva come una sorta di sede superuniversitaria di eccellenza.

La sezione di Filosofia e Filologia si poneva fino dagli inizi come un asse portante di questa operazione, e tale è rimasta per il suo prestigio, almeno fino ad anni relativamente recenti, la Facoltà di Lettere e Filosofia all’interno dell’ateneo fiorentino. La spinta risorgimentale che aveva deciso la sua fondazione rischiava però di diventare un freno, di ingessare alcuni settori della sezione nell’ambito di una eloquenza celebrativa e generica; d’altro lato la vocazione specialistica, su cui molti dei docenti puntavano, portava talvolta a trascurare o sottovalutare nell’organizzazione dell’Istituto settori disciplinari considerati più generalisti o scolastici, non favorendo certo l’aumento degli iscritti.

Quella che diventerà una delle più gloriose roccaforti del cosiddetto metodo storico muoveva quindi i primi passi con incertezza, senza una vera guida. Gli anni d’esordio della sezione di Filosofia e Filologia non appaiono particolarmente gloriosi, sia per le difficoltà finanziarie sia perché mancava un vero progetto, un’identità accademica e scientifica forte; inoltre la sistemazione edilizia restò a lungo tutt’altro che soddisfacente, limitando pesantamente l’attività didattica. Solo con la gestione di Pasquale Villari, dopo il 1867, si apriva il periodo del grande prestigio nazionale ed internazionale, quando a Firenze si formava gran parte della classe intellettuale e dirigente della nazione (e l’elenco degli allievi è davvero stupefacente, sia per la numerosissima presenza di nomi noti nei più diversi campi, sia per la loro provenienza sempre più varia e differenziata).
La sezione acquista presto una fisionomia ben riconoscibile, e ben conosciuta anche fuori dei confini italiani. Uno dei suoi tratti caratteristici fino dagli inizi è certamente lo sviluppo di settori di grande rilevanza anche internazionale, come quello delle lingue e delle culture orientali; ma è da ricordare anche il coraggio di molte scelte che furono compiute, come la presenza di una disciplina come l’Antropologia, non certo scontata in una facoltà di Lettere, e retta da un personaggio precocemente leggendario come Paolo Mantegazza. Molte e varie le iniziative e le attività dei docenti: i viaggi e le spedizioni di ricerca, spesso coronate da scoperte di alto valore scientifico, la fondazione di società e accademie, di riviste, di musei. Le preziose collezioni e le biblioteche di quei docenti, spesso famose, sono almeno in parte ancora presenti e rintracciabili, come dimostra la storia della Biblioteca Umanistica e dei suoi fondi, o quella del Museo indiano.

La sezione fiorentina di Filosofia e Filologia diventa un punto di confronto culturale ineludibile quando acquista docenti dal prestigio internazionale, da Pasquale Villari a Pio Rajna a Domenico Comparetti, a Girolamo Vitelli; grandi nomi, figure leggendarie, di cui restano elogi e biografie, poderosi volumi, monumenti, ma anche i privati ricordi degli allievi, gli aneddoti e perfino, in molti casi, le caricature e i ritratti, come quelli tracciati a inizio secolo dalla raffinata penna di Carlo Michelstaedter, riprodotti largamente fra le illustrazioni.

La vivacissima Firenze delle riviste, che tanto è stata studiata, sarebbe stata molto diversa, e molto più povera, se non fosse stata anche la sede dell’Istituto di Studi Superiori: gli stessi personaggi che riempivano le sue aule si trovavano a discutere nelle redazioni del “Leonardo” e quindi della “Voce” o di “Lacerba”. In una Firenze piccola e centralizzata, dove tutti – allievi e docenti, amici e nemici, giovani e vecchi – si conoscevano e si incontravano, frequentavano gli stessi luoghi, erano magari vicini di casa, la presenza di quei professori era domestica ed abituale ma spesso nello stesso tempo quasi mitica e in certo modo tutelare. In molti studenti rimase l’esempio di un magistero non solo scientifico o culturale ma davvero di etica e di vita, ben presente nelle parole commosse pronunciate da Gaetano Salvemini quando nel 1950 riprendeva l’insegnamento dopo venticinque anni di esilio.

I saggi raccolti nei due volumi sono opera di specialisti nei diversi campi e nelle diverse discipline, che approfondiscono la storia della sezione di Filosofia e Filologia dell’Istituto da varie angolazioni, basandosi su materiali archivistici e documentari spesso inediti. Una tavola delle discipline e dei docenti che ci hanno insegnato ne illustra l’organizzazione e gli orientamenti didattici dalla fondazione fino al 1924, anno in cui, a seguito della riforma Gentile, l’Istituto fiorentino diventò a tutti gli effetti università. Chiude un’ampia sezione che raccoglie le più significative testimonianze e memorie, selezionate fra quelle di taglio non specificatamente scientifico o accademico. L’ampio corredo iconografico non intende essere una pura appendice documentaria né tantomeno decorativa, ma parte integrante del testo.

I due volumi sono ben lontani dall’esaurire i vari campi di indagine, nonché le potenzialità, l’ampiezza e la rilevanza dei documenti contenuti negli archivi fiorentini, e sarebbe quindi augurabile un allargamento della ricerca e una sua più ampia e completa diffusione. Si potrebbe così dare posto a vicende o a personaggi minori o collaterali che vengono solo accennati, ma che sono estremamente significativi per ricostruire il clima e le vicende di più di cinquant’anni di storia culturale di Firenze e d’Italia. Ma vorremmo che valessero intanto come primo richiamo a una memoria da ritrovare e preservare, e anche come invito a meditare sulle scelte politiche e culturali che si stanno oggi compiendo.

(L’Istituto di Sudi Superiori e la cultura umanistica a Firenze, a cura di Adele Dei, Pisa, Pacini editore, 2016)

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