L’Europa in stallo e la ripresa mondiale

La crisi economica e gli scenari internazionali sono al centro del nuovo appuntamento del ciclo "Incontri con la città", promosso dall'Ateneo: ciclo di lezioni domenicali rivolte ai fiorentini su argomenti di attualità. Il relatore Giorgio Ricchiuti presenta i temi della lezione.
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Archivio fotografico 123rf lightwise / 123RF Archivio Fotografico

Crisi è una parola di estrema, di rottura, che non dovrebbe far parte del linguaggio di tutti i giorni ma che, al contrario, ci accompagna quotidianamente da almeno dieci anni.

L’abbiamo usata e la usiamo, tuttavia, con riferimento a diversi accadimenti: la crisi dei subprime americana, la crisi dei debiti sovrani in Europa, la crisi del sistema Italia.

Le discussioni fra gli economisti sulle cause scatenanti di queste tre crisi e, soprattutto, sul modo in cui affrontarle, sono state (e sono tuttora) aspre e affondano le loro radici in visioni della scienza economica contrastanti. Tuttavia, queste tre crisi hanno intrecciato i loro cammini, e si sono influenzate a vicenda.

La crisi americana si è presentata nell’agosto 2007, per trovare il suo momento di climax nel 15 settembre 2008, con il fallimento di Lehman Brothers, quando le tv di tutto il mondo mostrarono centinaia di dipendenti che uscivano alla spicciolata con gli scatoloni in mano. Dopo una fase iniziale in cui la causa immediata della crisi è stata individuata nell’eccesso di deregolamentazione nei mercati finanziari, la discussione si è spostata sulle motivazioni più profonde, fra le quali le crescenti disuguaglianze economiche e sociali, gli squilibri economici globali e la riduzione del ruolo dello Stato a seguito della rivoluzione conservatrice reaganiana dei primi anni ‘80.

La crisi europea è esplosa quasi contemporaneamente a quella americana. Ciò che sembrava l’effetto di un contagio (finanziario e economico) che infettava l’Europa, metteva in luce l’esistenza in Europa di fattori di crisi del tutto autoctoni e, soprattutto, di natura strutturale. La crisi europea  affonda, infatti, le sue radici nel processo di costruzione dell’Euro, che ha generato crescenti squilibri fra i paesi membri senza dare alle istituzioni europee i poteri necessari a correggerli. Il dibattito, aspro nei contenuti, ha determinato una spaccatura fra chi vuole mantenere lo status quo (punendo i paesi che “non hanno fatto i compiti a casa”), chi vuole riformare il processo dall’interno e chi, infine, vuole buttare a mare l’intero processo con la disgregazione e il ritorno a politiche nazionalistiche. E’ lo stallo dell’Europa. Esso ci indebolisce in un momento profondamente fluido e denso di pericoli.

E l’Italia? E’ inutile nascondere che la nostra crisi è precedente ma strettamente legata alle prime due. L’Italia vive in condizioni di austerità da un quarto di secolo, avendo prodotto crescenti avanzi primari del bilancio pubblico dal 1992. Il debito eccessivo è stata la spada di Damocle che ci ha spinto a fare privatizzazioni ma anche il fardello che ha limitato i margini di manovra non solo in piena crisi ma anche quando, sul finire degli anni ‘90, siamo entrati in una fase di stagnazione della produttività della quale ancora non si vede la fine. Ad entrare in crisi è stato il ruolo dello Stato come ente preposto ad individuare obiettivi di sviluppo, di equità e di modernizzazione per il paese e una crisi del sistema produttivo, incapace di rigenerarsi ed evolversi per competere nei mercati internazionali, se non arroccandosi nella retorica del made in Italy.

Ora non siamo semplicemente ad un bivio. La Brexit, l’elezione di Trump, il ritorno di movimenti nazionalisti in tutta Europa, ci ricordano che è arrivato il momento delle scelte. Dobbiamo sicuramente ripensare al sistema Paese, e scegliere dove vogliamo posizionarci nel prossimo futuro:  se ai margini dell’Unione Europea e quindi del mondo oppure quale pilastro della stessa.

E allo stesso tempo l’Unione Europea deve decidere quale ruolo si vuole ritagliare in uno scenario mondiale fluido e denso di tensioni. L’elezione di Trump e i suoi rapporti con la Russia di Putin e il consolidarsi della Cina come giocatore globale, chiedono all’Europa di decidere se essere un giocatore globale attivo o un semplice terreno di conquista.

 

“Incontri con la città”: il calendario dei prossimi incontri e le registrazioni video delle lezioni.

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