L’istamina nell’interazione tra intestino e fegato

Su Cell Metabolism uno studio dei dipartimenti di Scienze della Salute e di Neurofarba svolto in collaborazione con l’Italian Institute of Technology-Genova e la University of California, Irvine.
Gli autori della ricerca Gustavo Provensi e Beatrice Passani

Il ruolo dell’istamina nell’interazione tra intestino e fegato nel nostro organismo durante il digiuno è stato al centro di uno studio realizzato da ricercatori del Dipartimento di Scienze della Salute e del Dipartimento di Neuroscienze, Psicologia, Area del Farmaco e Salute del Bambino del nostro Ateneo, in collaborazione con l’Italian Institute of Technology-Genova e University of California, Irvine, e pubblicata su Cell Metabolism dal titolo “Mast Cell-Derived Histamine Regulates Liver Ketogenesis via Oleoylethanolamide Signaling” DOI:https://doi.org/10.1016/j.cmet.2018.09.014

Come risponde il nostro organismo durante il digiuno quando sono esaurite le riserve di glucosio? E’ su un meccanismo legato a questa risposta metabolica che si è concentrata la ricerca.

I mammiferi si adattano ai periodi prolungati di scarsità di cibo producendo nel fegato alcuni composti, i corpi chetonici, rilasciati poi nel sangue e utilizzati come carburante dal cervello, dai muscoli e altri organi.

Il team di ricerca – del quale hanno fatto parte Beatrice Passani, docente del Dipartimento di Scienze della Salute, e Gustavo Provensi del Dipartimento di Neuroscienze, Psicologia, Area del Farmaco e Salute del Bambino – ha scoperto che la risposta del fegato viene innescata da alcune cellule, i mastociti, localizzati presumibilmente nella mucosa intestinale, che rilasciano istamina nel sangue.

Da qui segue l’attivazione di recettori istaminici H1 nel fegato e di conseguenza la sintesi di un intermediario lipidico, l’oleoiletanolamide (OEA) che, a sua volta, determina la produzione dei corpi chetonici.

“Da tempo ci occupiamo delle interazioni tra istamina e OEA a livello del sistema nervoso centrale, ma questa é la prima evidenza che tali sistemi interagiscono anche in altri organi. I nostri risultati – spiegano i ricercatori – possono essere di aiuto nella comprensione di alcune patologie epatiche e quindi anche ai fini della prevenzione di queste malattie”.

 


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