Screening più efficaci, nuova tecnica con la risonanza magnetica nucleare

Alcuni prodotti del metabolismo, all’interno di fluidi biologici, occupano una posizione nello spettro di risonanza magnetica nucleare che dipende dalla concentrazione di tutti gli altri metaboliti. Questo apre la strada ad analisi cliniche più veloci ed economiche. La scoperta firmata dal CERM è stata illustrata dalla rivista Nature Communications.

Una tecnica per ricavare maggiori informazioni dall’analisi di fluidi biologici, come ad esempio sangue e urine, in modo più rapido ed economico, grazie alla risonanza magnetica nucleare (NMR). E’ quella che ha messo a punto un team del Centro di Risonanze Magnetiche (CERM) che ha  trovato un link tra la concentrazione di metaboliti, piccole molecole risultanti dal processo del metabolismo, e la posizione che i segnali di quelle stesse molecole occupano all’interno dello spettro NMR dell’idrogeno (1H-NMR). Lo studio si è svolto in collaborazione con lo spinoff Unifi GiottoBiotech e l’azienda Bruker, ed è stato illustrato in un recente articolo della rivista Nature Communications (DOI: 10.1038/s41467-017-01587-0).

Parliamo di questa ricerca con il suo coordinatore, Claudio Luchinat, direttore del CERM e  professore ordinario di Chimica generale e inorganica a Firenze.

Qual è l’intuizione scientifica alla base di questo studio?

Noi sappiamo che i segnali di ogni atomo stanno in una posizione nello spettro NMR (“chemical shift”) che è determinata dagli atomi vicini. In ciascun campione di un fluido biologico, in particolare nei campioni di urina, i segnali non stanno fermi, ma cambiano di posizione da un campione all’altro. Questo di fatto impedisce di automatizzare il processo di identificazione dei segnali e la quantificazione dei metaboliti a cui appartengono. Ma se i segnali non stanno fermi significa che la composizione chimica circostante è mutevole. La nostra ricerca ha preso le mosse da questa considerazione.

Come si è svolta la ricerca e quali sono stati gli aspetti più problematici che avete incontrato?

Noi abbiamo preso in esame 52 metaboliti, quelli presenti in misura più abbondante nelle urine, e inserito queste componenti in circa 4.000 miscele artificiali. In ciascuna miscela conoscevamo la concentrazione di ogni metabolita. Siamo andati poi a vedere come variavano le posizioni dei segnali in queste miscele e inserito le informazioni all’interno di una matrice. E’ così emerso un primo livello di relazione tra la concentrazione dei metaboliti e la loro posizione. Da qui abbiamo potuto stabilire che la posizione dei segnali è sì variabile, ma dipende dalla composizione della miscela stessa.

Sfruttando il fatto che i segnali di tre-quattro metaboliti sono sempre facilmente identificabili, anche se la loro posizione varia da uno spettro all’altro, si può partire da questi per fare una stima delle concentrazioni degli altri e, da questa stima, predire la posizione degli altri segnali e quindi identificare automaticamente i metaboliti a cui appartengono. Una volta identificati con sicurezza i segnali, la quantificazione di ogni metabolita avviene poi con metodi già esistenti.

Indubbiamente la complessità del lavoro è dovuta alle moltissime variabili in gioco e alla necessità di analizzare l’effetto combinato dei metaboliti.

Finora la ricerca dei segnali veniva fatta manualmente per ogni campione di fluido, guardando gli spettri uno a uno. La tecnica che abbiamo messo a punto supera questa fase, automatizzandola, e accelera il processo con cui si arriva a misurare le concentrazioni. E sappiamo quanto questo sia importante per avere indicazioni su una patologia.

Attraverso le correlazioni quali altre informazioni in più si possono ricavare?

La relazione tra concentrazione di metaboliti e loro posizione vale per tutti i metaboliti che sono nell’urina. Ci sono tanti metaboliti che sono “invisibili”, perché non avendo atomi di idrogeno non sono osservabili con 1H-NMR. Tra questi alcuni di loro sono particolarmente importanti per le analisi delle urine come per esempio gli ioni inorganici (ad esempio sodio, potassio, calcio, magnesio). Ma anche loro si comportano come gli altri metaboliti nel campione. Quando sono dentro la miscela, cioè, contribuiscono anche loro a influenzare la posizione dei segnali. E dal “chemical shift” dei segnali che sono influenzati da questi ioni è possibile risalire alle concentrazioni degli ioni nel campione, anche se sono “invisibili”.

Quali scenari apre questa scoperta?

Il lavoro costituisce un importante avanzamento per lo studio dei metaboliti all’interno di fluidi biologici (in particolare urina) usando la risonanza magnetica nucleare. Indubbiamente la nostra tecnica permette di analizzare le urine più alla svelta, rispetto ai metodi classici, perché con un solo spettro si possono analizzare tanti metaboliti. E’vero poi che la strumentazione NMR è costosa, ma offre anche prestazioni molto più elevate, per cui ci sono anche benefici economici significativi.

Quali saranno i passaggi successivi di questa ricerca?

Inseriremo nuovi metaboliti, quelli presenti in misura inferiore nelle urine, per avere un quadro delle correlazioni ancora più dettagliato e completo. Intanto proprio in questi giorni, negli Stati Uniti, abbiamo ottenuto il brevetto per la tecnica adoperata per questa ricerca. Presto il prodotto della nostra ricerca potrebbe essere introdotto negli ospedali.

 

 


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