Tessere di un puzzle da ricomporre: Santa Maria Novella da Duccio a Ghirlandaio

Per il ciclo “Incontri con la città” domenica 3 dicembre Andrea De Marchi ricostruirà con la sua lezione le radicali trasformazioni della basilica di Santa Maria Novella nel corso dei secoli.
Diritto d'autore: vvoennyy / 123RF Archivio Fotografico santa maria novella
Diritto d'autore: vvoennyy / 123RF Archivio Fotografico

Chi entra oggi nella basilica di Santa Maria Novella, uno degli esempi più luminosi del gotico italiano eretto alla fine del Duecento, non ha la percezione immediata del fatto che sta vedendo un edificio radicalmente trasformato nel corso dei secoli.

Per tanti versi vede un edificio nudo ed essenziale, svuotato nel Cinquecento con la distruzione del tramezzo e di quasi tutti gli affreschi sui muri d’ambito, reinventato nell’Ottocento con la sostituzione delle mostre d’altare che si volevano neogotiche.

Dopo il restauro da parte dell’Opificio delle Pietre Dure, una ventina d’anni fa, la grande Croce di Giotto è stata ricollocata al centro della navata, là dove stava, quale grandiosa Crux de medio ecclesiae. Ora però galleggia nel vuoto, mentre in antico era ancora più elevata ed incombente, poggiante su una trave sospesa a diversi metri sopra ad un tramezzo in muratura, che divideva in due lo spazio interno, fra chiesa dei laici, o delle donne come si diceva, e coro, vale a dire l’area più sacra intorno all’altare maggiore riservata ai religiosi. L’intera basilica era articolata da recinzioni, cortine, grate, cappelle addossate, tombe, polittici, affreschi per ogni dove… Dobbiamo insomma immaginare un sistema di immagini molto più colorato e vistoso.

La storia dell’arte può aiutare a ricostruire su basi documentabili, mentalmente ma pure visivamente, le facies più antiche del monumento. In questa lezione si cercherà di mostrare ciò attraverso alcuni esempi, che riguardano pure la collocazione originale della Maestà di Duccio ora agli Uffizi, del Crocifisso nordico detto della Pura, dell’Adorazione dei magi di Botticelli ora agli Uffizi, della smembrata pala bifronte di Ghirlandaio per l’altare maggiore e via dicendo.

Si presenteranno inoltre le novità emerse grazie alla riscoperta di alcuni affreschi tre-quattrocenteschi obliterati dalla pale manieriste e all’identificazione di altri affreschi strappati dispersi in vari depositi museali e ora ritornati in basilica.

Sono tante tessere di un puzzle che va ricomposto pazientemente, riconsiderando anche le complesse vicende di erezione della basilica e del tramezzo, di moltiplicazione degli altari e delle sepolture. Alla luce della ricerca storica, qui condotta grazie alla sinergia fra Soprintendenza, Opera e Università, tante opere d’arte si capiscono e si apprezzano meglio, ritrovano in qualche modo il loro posto e la loro funzione. La conoscenza è la vera chiave per la valorizzazione del nostro patrimonio.


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