Un edificio monumentale a Shawbak, l’ultima scoperta fiorentina in Giordania

I risultati della campagna, che si è conclusa lo scorso autunno, saranno illustrati in occasione dell'International Conference on the History and Archaeology of Jordan a Firenze

L’ultima campagna archeologica della Missione ‘Petra medievale’ condotta dall’Università di Firenze nell’autunno scorso ha portato all’acquisizione di un edificio monumentale nell’area di Shawbak, unico nel Paese, che verrà presentato in anteprima al pubblico scientifico internazionale a Firenze, in occasione dell’ICHAJ14, in programma dal 21 al 25 gennaio.

Si tratta di uno splendido edificio residenziale urbano che conferma la tesi secondo cui Saladino non ha distrutto il castello crociato di Shawbak ma, al contrario, ne ha raccolto l’eredità politica fondando una ricca e potente città, ora identificata anche nei quartieri ai piedi del colle.

Sotto il profilo scientifico, questa scoperta conferma anche la produttività dell’ ‘archeologia leggera’, la peculiare  metodologia che caratterizza l’attività della Cattedra fiorentina (una modalità che integra a sistema le archeologie ‘non invasive – paesaggio, elevati, ambiente, archeomatica – con un ruolo specifico attribuito, quando previsto, allo scavo).

L’esistenza della città ‘perduta’ e la sua ubicazione, l’eccellenza del livello formale dell’edificio – perfettamente corrispondente alla qualità delle strutture politiche e produttive già documentate nel castello – ci parlano di una colta e raffinata città e di uno straordinario progetto strategico che ben può attribuirsi all’intelligenza politica di Saladino. Un progetto che ha restituito una centralità all’intera regione sud transgiordana e avviato una tradizione insediativa e politica che sta alla base della stessa Giordania moderna (non a caso la prima capitale dello Stato, negli anni ’20 del secolo scorso, fu scelta nella vicina Ma’an).

A questo punto, una volta compresa la struttura urbanistica, sarà possibile prendere in esame un ulteriore tema storico, per la prima volta con gli strumenti dell’archeologia: l’eclissi tardomedievale del mondo arabo-islamico.

Una prospettiva suggestiva, da affrontare insieme a un programma di restauro conservativo e di valorizzazione sociale e comunicazione diffusa che deve investire l’edificio appena scoperto e, passo dopo passo, le strutture del Castello e deve essere attuata nell’ambito del piano di valorizzazione del territorio fra Shawbak e Petra, ove la missione fiorentina opera da anni.


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