Troppi social? I giovani rischiano di sentirsi meno connessi al proprio corpo

Uno studio delle Università di Firenze, Pisa e Toledo mostra che l’uso problematico dei social può aumentare il distacco corporeo e l’immersione nella fantasia
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Sentirsi meno in contatto con il proprio corpo, prestare meno attenzione alle sue sensazioni, percepirsi più distanti dalla propria esperienza fisica. L’uso problematico dei social media non influisce solo sull’attenzione o sull’umore: può favorire nel tempo il distacco dall’esperienza corporea.

È quanto emerge da uno studio pubblicato sul Journal of Behavioral Addictions, intitolato “A 2-wave study on the associations between dissociative experiences, maladaptive daydreaming, bodily dissociation, and problematic social media use” e firmato da Silvia Casale dell’Università di Firenze, Simon Ghinassi dell’Università di Pisa e Jon D. Elhai dell’University of Toledo negli Stati Uniti (https://doi.org/10.1556/2006.2025.00075).

La ricerca è stata condotta su 216 studentesse e studenti universitari italiani tra i 18 e i 33 anni in due momenti, a distanza di quattro mesi, tra il 2023 e il 2024. Oltre la metà dei partecipanti ha dichiarato di trascorrere almeno due ore al giorno sui socialInstagram è risultata la piattaforma più usata, seguita da TikTok, e in misura minore da X e Reddit.

“Quello che la ricerca chiarisce per la prima volta è la direzione del legame tra dissociazione corporea e uso problematico dei social – spiega Simon Ghinassi –. I risultati suggeriscono che non è il sentire il proprio corpo estraneo a portare a perdere il controllo sul proprio uso dei social. Succede il contrario. È l’uso compulsivo dei social cosiddetti appearance-based, per esempio Instagram, che, nel tempo, porterebbe ad un aumento del distacco dal proprio corpo”.

“Il funzionamento delle piattaforme social – basato sull’editing e la manipolazione di immagini di sé – spinge a rappresentarsi attraverso una versione modificata del proprio corpo, a identificarsi temporaneamente con un’immagine idealizzata di sé e, al tempo stesso, a guardarsi da una prospettiva esterna, come se si fosse osservatori di sé stessi. Con il tempo, questa visione in terza persona può favorire un distacco dal proprio corpo e alimentare esperienze di dissociazione” aggiunge Silvia Casale.

Ma questo non è l’unico “effetto collaterale” di un uso problematico dei social. Secondo lo studio, un uso problematico delle piattaforme social favorirebbe anche una maggiore concentrazione sui mondi immaginari a discapito di quelli reali. È il fenomeno noto come assorbimento immaginativo: la tendenza a lasciarsi trascinare e immergersi nelle proprie fantasie portando a una ridotta consapevolezza di ciò che ci circonda. Pertanto, lo studio sottolinea l’importanza di promuovere un uso più consapevole dei social media, considerando i possibili effetti negativi sul contatto con le proprie esperienze corporee e con il mondo circostante.

“Naturalmente – conclude Casale – non è escluso che altre variabili, non considerate nel presente studio, possano essere in origine responsabili sia dell’uso problematico dei social media sia della tendenza all’assorbimento immaginativo e alla dissociazione corporea”.


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