Controllo delle malattie parassitarie e strategie sanitarie

Un progetto di ricerca ha affrontato il tema delle patologie legate a parassiti diffuse nelle popolazioni dell'Africa subsahariana e l'efficacia degli interventi da parte del sistema sanitario per prevenire complicanze tardive.

Schistosomiasi, strongiloidosi e teniasi da Taenia solium sono tre patologie parassitarie piuttosto diffuse nella popolazione migrante proveniente dall’Africa Sub-Sahariana. Si tratta di malattie rilevanti perché possono restare silenti per anni, per poi presentarsi con sintomi gravi, invalidanti o addirittura letali. Le conseguenze sono ovviamente il danno alla salute dei singoli individui e al tempo stesso il costo per il Servizio Sanitario Nazionale sul quale ricadono le spese necessarie alla gestione delle complicanze tardive.

Il progetto “Strategie disponibili e nuovi strumenti diagnostici per la gestione e il controllo di malattie parassitarie tropicali in migranti provenienti dall’Africa Sub Sahariana”, a cura di Lorenzo Zammarchi del Dipartimento di Medicina Sperimentale e Clinica e di Sara Boccalini del Dipartimento di Scienze della Salute, si è interrogato su quale strategia di salute pubblica sia più adeguata per garantire la salute dei migranti e al tempo stesso minimizzare la spesa a carico del Servizio Sanitario Nazionale. L’attività di ricerca si è svolta nell’ambito del “Bando 2016 per progetti competitivi per ricercatori a tempo determinato dell’Università di Firenze”.

In una prima fase è stato condotto uno screening presso centri di accoglienza per migranti su oltre 250 individui. E’ stata rilevata una prevalenza del 10,2% per schistosomiasi e del 2,7% per strongiloidosi, mentre nessun migrante è risultato affetto da teniasi da T. solium. In una seconda fase, sono stati costruiti modelli matematici per confrontare l’impatto di differenti strategie di intervento su larga scala sulla popolazione migrante. I modelli hanno dimostrato che risulta essere più favorevole, dal punto di vista di costo-efficacia, una gestione precoce dei casi, tramite screening mirati o trattamenti farmacologici di massa, piuttosto che aspettare che i malati necessitino di cure più impegnative.

Lo studio è stato svolto col fondamentale apporto della Azienda USL Toscana Centro e di alcuni centri di accoglienza del territorio toscano e ha visto la partecipazione attiva di due giovani ricercatrici, Marta Tilli e Annarita Botta, attualmente medici in formazione specialistica presso la scuola di specializzazione di Malattie Infettive e Tropicali dell’Ateneo.

Alcuni risultati di questo progetto sono già stati pubblicati su riviste internazionali (Zammarchi L et al Pathogens 2019; Zammarchi L et al TMAID 2020). Più di recente, è stata avviata una collaborazione tra UNIFI, la World Health Organization e il Dipartimento di Malattie Infettive, Tropicali e Microbiologia dell’IRCCS Ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar (Verona) per sviluppare un modello di costo-efficacia relativo alla gestione della strongiloidosi in contesti a basse risorse.

 

Ascolta l’audio nel Podcast “#parliamodiricerca”

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