Diventare cittadini migliori. L’Università in carcere

Il prossimo anno ricorrono i venti anni di attività del Polo Universitario penitenziario della Toscana. Oggi l'unità fiorentina conta 60 iscritti, tra cui una donna. Per far conoscere l'offerta formativa è stata realizzata anche una guida dello studente detenuto
Illustrazione di Guido Scarabottolo

Il prossimo anno compirà vent’anni. Il Polo universitario penitenziario (Pup) della Toscana nasce a Firenze per iniziativa dell’Ateneo ed assume una dimensione regionale dal 2010 grazie a un protocollo che coinvolge gli atenei di Pisa e Siena e, dal 2018, anche di Siena Stranieri. Si tratta della seconda esperienza istituzionale in Italia dopo quella di Torino – oggi i Pup sono ventisette – ed è l’unica oggi ad avere una dimensione regionale e ad offrire l’accesso a tutti i corsi di laurea di quattro atenei.

Dal 2000 a oggi, il Pup targato Unifi ha contato oltre 220 studenti. Una ventina di loro – due dei quali proprio di recente – ha completato gli studi. Altri si sono fermati alla tesi o prima. Di altri ancora, trasferiti in altri penitenziari, si sono perse le tracce. A tutti, però, è stato garantito il diritto di poter diventare “cittadini migliori”.

Attualmente l’unità fiorentina conta 60 studenti. “Venticinque in più da quest’anno – sottolinea Maria Grazia Pazienza, delegata del rettore dell’Ateneo fiorentino – un risultato particolarmente importante, frutto di un grande impegno svolto da tutto l’Ateneo nell’attività di orientamento”. Per promuovere la conoscenza dell’offerta formativa è stata realizzata per la prima volta anche una guida dello studente detenuto “tradotta – aggiunge Pazienza – anche in lingua inglese”.

La maggior parte degli iscritti è detenuta nei circuiti di media e alta sicurezza nel carcere di Prato. Sono tutti uomini con un’eccezione. “Proprio tra le matricole – osserva la delegata – vi è una donna detenuta, a Sollicciano, che ha scelto Giurisprudenza”. Per il resto non è possibile tracciare un identikit dello studente tipo per via delle molte differenze di età, livello culturale ed estrazione sociale.

La diversità emerge anche in relazione alla scelta del percorso di studi. Fino a qualche tempo fa, le lauree più gettonate erano Scienze politiche, Scienze umanistiche e Agraria. Il quadro oggi risulta più articolato e non mancano iscritti a Economia, Scienze Alimentari e Tecnologia del Legno, istituito a Firenze più di recente.

L’accesso ai corsi da parte dei detenuti avviene attraverso un colloquio, mentre le lezioni e gli esami sono tenuti dai docenti all’interno del carcere. I tutor (docenti in pensione, operatori del servizio civile, tirocinanti e studenti volontari) svolgono una preziosa funzione di raccordo tra le due istituzioni.

In questo quadro, lo sforzo istituzionale è enorme e in questi anni si è tradotto in accordi, iniziative, occasioni di incontro e di scambio anche attraverso il dialogo con un’altra istituzione – l’istituto penitenziario – concepita ovviamente per altre finalità. In questo confronto rientra, tra l’altro, l’apertura di una nuova sala studio presso il penitenziario di Prato che punta a rispondere al bisogno di spazi adeguati da parte degli studenti.

Un impegno particolare dell’Ateneo è rivolto a far conoscere ad altri soggetti e all’opinione pubblica l’esperienza del Pup e, in questa prospettiva, rientrano l’esperienza del primo periodico universitario realizzato dagli studenti detenuti, “Spiragli”, coordinato da Silvia Pezzoli, ricercatrice del Dipartimento di Scienze Sociali, che si è già concretizzata in tre numeri in appena un anno di attività.

Va nella stessa direzione la scelta di partecipare al Festival delle Donne dove alcuni studenti del Polo universitario penitenziario hanno sviluppato una riflessione sul tema delle relazioni familiari e delle emozioni, collegate alla genitorialità attraverso la letteratura e il cinema, che sono state riportate in un’occasione pubblica presso la Biblioteca dell’Isolotto.

In vista dei 20 anni di attività dell’unità fiorentina sono in programma varie iniziative tra cui un convegno che si svolgerà all’inizio del nuovo anno, dove si farà il punto dei risultati raggiunti per delineare nuove tappe da percorrere. Intanto, la realtà fiorentina in carcere è cresciuta di interesse anche sotto il profilo della ricerca. Proprio in questi mesi infatti un gruppo interdisciplinare fiorentino ha cominciato a indagare sul livello di recidiva tra gli studenti detenuti e sul contributo dei poli universitari alla “rieducazione” del condannato per un reinserimento sociale, così come previsto dalla Costituzione.


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