Dogaia, studente detenuto si laurea con una tesi sul femminismo curdo

Il titolo triennale in Storia contemporanea è stato conseguito nella Casa circondariale di Prato, nell’ambito dell’esperienza del Polo universitario penitenziario

Ogni tesi discussa, ogni titolo conseguito in Università racconta di una storia di impegno e di crescita. Questo vale a maggior ragione e acquista un significato particolare se la laurea è conseguita in un istituto penitenziario, dove da anni il nostro Ateneo sta svolgendo un importante ruolo sociale.

È il caso della laurea triennale in Storia, con una tesi in Storia contemporanea, conseguita in questi giorni da un detenuto in regime di massima sicurezza nell’Istituto de La Dogaia a Prato, nell’ambito dell’esperienza del Polo universitario penitenziario, attivata 25 anni fa dall’Ateneo fiorentino e poi estesa agli Atenei di Pisa, Siena e Siena Stranieri, con il coinvolgimento anche della Regione Toscana e del Provveditorato regionale dell’Amministrazione penitenziaria.

Lo studente – seguito dalla relatrice Monica Galfré, docente di Storia contemporanea del Dipartimento di Storia, Archeologia, Geografia, Arte e Spettacolo (Sagas) – ha deciso di trattare nel suo lavoro di tesi una questione aperta del panorama internazionale, la lotta del popolo curdo per il riconoscimento e per la propria libertà, privilegiando il ruolo svolto dalle donne combattenti e, più in generale, il femminismo curdo (in curdo “jineolojî‎” o scienza delle donne).

Il lavoro, intitolato “Donne combattenti: storie e testimonianze di jineologia”, ha preso le mosse da uno dei tratti caratterizzanti l’esperienza curda, secondo cui non potrà esistere un mondo libero ed emancipato se le donne non si liberano dall’oppressione del patriarcato. Il legame fra la lotta per la liberazione del Kurdistan e la lotta di liberazione delle donne è stato studiato, in particolare, attraverso l’esperimento di autogoverno nel Rojava, regione del nord-est della Siria dove i curdi vivono di fatto in forma autonoma, seppur non riconosciuta da parte del governo siriano, e in cui le donne stanno giocando un ruolo fondamentale in ambito politico, amministrativo e anche militare.

“Lo studente – afferma Monica Galfré – è rimasto particolarmente colpito dalle vicende e dalla forza testimoniata dalle donne curde. Il percorso di tesi, che ovviamente per l’ambiente in cui si svolge comporta maggiori difficoltà e rallentamenti anche solo per reperire i documenti di studio, è stato reso possibile anche grazie al prezioso supporto di una giovane tutor che ha fatto da tramite fra me e il detenuto”.

“Ho lavorato alla tesi insieme allo studente per due mesi  e mezzo, andando in carcere un pomeriggio alla settimana per rileggere e revisionare il testo – spiega la tutor Irene Lessanutti -. Posso dire che è stata un’esperienza che mi ha arricchito umanamente. La discussione della tesi, esposta in modo ampio e premiata con il massimo dei voti, è stata un momento di condivisione importante all’interno del carcere: oltre ad alcuni compagni della sezione, erano presenti la famiglia, la psicologa e alcuni volontari”.

Sono attualmente 70 in tutto gli studenti detenuti iscritti all’Università di Firenze, distribuiti fra La Dogaia, Sollicciano, la casa circondariale “Mario Gozzini”, il carcere di Ranza a San Gimignano, Porto Azzurro, Massa e la la residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza di Empoli. I corsi di laurea con maggiori iscritti afferiscono alle scuole di Studi Umanistici e della Formazione, Giurisprudenza, Scienze politiche ed Economia.

“Adesso lo studente – ha aggiunto Galfré – ha intenzione, anche su mio consiglio, di proseguire il suo impegno con un percorso magistrale. Una storia positiva che rende onore a quanto recita la nostra Costituzione all’articolo 27, a proposito della necessità di tendere ad un cammino di rieducazione e di riscatto di chi sconta una pena”.


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