L’eterogeneità è la prima difesa delle foreste europee contro le minacce naturali legate al cambiamento climatico. È la valutazione a cui è giunto il team coordinato da Giovanni Forzieri, ricercatore in Sviluppo Sostenibile e Cambiamenti Climatici presso il Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale (DICEA), impegnato in uno studio sull’importanza della varietà degli ecosistemi forestali nella tutela del patrimonio verde in Europa.
I risultati della ricerca sono stati pubblicati sulla rivista One Earth, nell’articolo intitolato “Ecosystem heterogeneity is key to limiting the increasing climate-driven risks to European forests” (DOI 10.1016/j.oneear.2024.10.005).
“Quantificare l’impatto dei pericoli dovuti a cause naturali e individuare i relativi processi ecologici risulta fondamentale per identificare misure di adattamento efficaci e preservare la stabilità a lungo termine delle foreste – spiega Forzieri –. Una necessità che vale in particolare per l’Europa, dove la distruzione delle foreste legata a incendi, tempeste e parassiti ha registrato un aumento negli ultimi decenni e si prevede che aumenterà ulteriormente a causa dei cambiamenti climatici”.
Di fronte a tale emergenza, i ricercatori Unifi hanno scoperto che la diversità di specie e dimensioni degli alberi potrebbe giocare un ruolo fondamentale nella resistenza delle foreste contro i rischi derivanti da minacce naturali connesse al cambiamento climatico.
“Abbiamo stimato la perdita di biomassa dovuta a disturbi naturali sulle foreste europee dal 1979 al 2018 – continua Forzieri – e valutato i benefici derivanti dall’aumento dell’eterogeneità delle foreste. Attraverso il metodo indicato dall’Intergovernmental Panel On Climate Change per la valutazione del rischio climatico, abbiamo integrato osservazioni di eventi di incendi, tempeste e parassiti, con dati satellitari in un sistema basato su machine learning. I risultati della nostra ricerca hanno mostrato che il miglioramento dell’eterogeneità dell’ecosistema potrebbe ridurre la perdita di biomassa di circa il 18%. Tale azione – conclude il ricercatore – dovrebbe pertanto essere promossa per ridurre al minimo i rischi legati al clima per le foreste europee”.