Nuove prospettive per il futuro sviluppo di terapie della Leucemia Mieloide Cronica da uno studio internazionale coordinato da ricercatori del Dipartimento di Scienze Biomediche Sperimentali e Cliniche “Mario Serio” dell’Università di Firenze. Emergono da una ricerca, svolta in collaborazione con l’Azienda Ospedaliero-Universitaria Careggi e l’Istituto Toscano Tumori, pubblicata dalla rivista scientifica Blood ed intitolata “Targeting chronic myeloid leukemia stem cells with the hypoxia-inducible factor inhibitor acriflavine” (doi: blood-2016-10-745588).
I ricercatori hanno individuato una strategia per sopprimere le cellule leucemiche refrattarie ai trattamenti terapeutici correntemente utilizzati e responsabili delle ricadute di malattia.
“Le terapie che bloccano l’attività biologica della proteina responsabile della Leucemia Mieloide Cronica – spiega Persio Dello Sbarba, professore di Patologia Generale – sono inefficaci nella prevenzione delle recidive, perché inattive sulle cellule staminali leucemiche. Tali cellule permangono quindi nel midollo osseo, anche nei pazienti che hanno risposto brillantemente alla terapia, rappresentando un residuo insopprimibile di malattia che prima o poi ne determina la ricaduta a livello clinico”.
Il gruppo di ricerca fiorentino, pioniere negli studi sul mantenimento delle cellule staminali ematopoietiche nel microambiente tissutale del midollo osseo, ha individuato una strategia che permette di sopprimere le cellule staminali della Leucemia Mieloide Cronica. “Abbiamo saggiato, in vitro su cellule staminali ematopoietiche espiantate da pazienti affetti da Leucemia Mieloide Cronica e in vivo impiegando modelli murini della malattia, l’azione di un antibiotico che inibisce fattori fisiologici che permettono la persistenza delle cellule staminali nelle «nicchie staminali» del midollo osseo, all’interno delle quali queste cellule sono refrattarie agli effetti della terapia convenzionale – racconta Dello Sbarba -. L’antibiotico riesce pertanto a sopprimere le cellule staminali leucemiche. Poiché la molecola non interferisce, ma anzi interagisce positivamente con la terapia attualmente utilizzata – conclude il ricercatore -, lo studio potrà dare indicazioni per un nuovo approccio terapeutico per la prevenzione delle ricadute della Leucemia Mieloide Cronica”.