Il tono di voce aiuta i primati a trovare una compagna

Una ricerca pubblicata su Nature Communications, a cui ha partecipato anche una ricercatrice Unifi, evidenzia come una tonalità più bassa nei maschi dipenda da quanto sia numeroso il gruppo sociale e dalle preferenze di accoppiamento
Un esemplare maschio di gibbone dalle mani bianche (@Claudia Barelli)

La dura concorrenza per trovare una compagna avrebbe influito sulle differenze di voce tra maschi e femmine nei primati. Uno studio guidato dalla Pennsylvania State University (Usa), che vede tra gli autori anche Claudia Barelli, studiosa del Dipartimento di Biologia e unica componente italiana del team di ricerca, conferma che nei gruppi di primati più numerosi e in cui i maschi dispongono di più compagne questi ultimi hanno sviluppato voci più profonde.

I risultati di questa indagine – a oggi la più completa sulle differenze nel tono della voce tra i due sessi – sono stati pubblicati su Nature Communications (https://doi.org/10.1038/s41467-023-39535-w).

“Abbiamo anche classificato ogni specie in base al sistema di accoppiamento – spiega Claudia Barelli –, da quello considerato monogamo dei gibboni, in cui maschi e femmine che vivono in unità familiari e si accoppiano con un solo partner, a quello poliginandro, in cui tanti maschi e tante femmine vivono insieme e possono accoppiarsi in modo promiscuo, e poliginico in cui i maschi dispongono di un numero maggiore di femmine per cui competere. I risultati della nostra ricerca evidenziano il ruolo della selezione sessuale anche a livello della comunicazione vocale e offrono spiegazioni delle differenze nel tono della voce tra maschi e femmine”.

Per le rilevazioni sono stati utilizzati software specifici per visualizzare le vocalizzazioni e misurare il tono della voce di registrazioni di 37 specie di primati ominoidei equamente divisi per sesso. I campioni per ciascuna specie includevano almeno due registrazioni vocali maschili e due femminili, per un totale di 1.914 vocalizzazioni. I ricercatori hanno calcolato la frequenza fondamentale media delle voci maschili e femminili per ciascuna specie per vedere quanto fosse pronunciata la differenza tra i sessi.

Barelli si è occupata di registrare le vocalizzazioni e raccogliere i dati inerenti a una popolazione di gibboni dalle mani bianche residente in un parco nazionale thailandese, vicino Bangkok. “Studio questi primati da quasi un ventennio, sia dal punto di vista comportamentale che da quello fisiologico e genetico – afferma –. I gibboni risultano molto interessanti per questo articolo in quanto considerati una delle poche specie monogame tra i primati, benché in realtà la popolazione da me esaminata presentasse una monogamia piuttosto flessibile. I gibboni sono importanti perché sono caratterizzati anche da vocalizzazioni molto elaborate, emesse sia dai maschi che dalle femmine”.

Secondo l’articolo, quindi, le voci maschili più profonde nei primati inseriti in grandi gruppi, contraddistinti da sistemi di accoppiamento in cui un maschio ha più compagne, potrebbero essere state favorite dalla selezione naturale, in quanto caratteristiche utili per garantirsi opportunità di accoppiamento. Voci maschili più profonde, infatti, verrebbero utilizzate per dissuadere i rivali negli accoppiamenti con le femmine senza dover ricorrere allo scontro fisico.

“Nei gruppi numerosi – i babbuini possono avere ‘truppe’ che superano i 400 membri – la conoscenza e le relazioni sociali sono più complesse: gli individui si conoscono meno tra loro e il tono di voce diventa un tratto distintivo immediato per dare un’idea ai primati di chi hanno di fronte nelle lotte per la femmina” sostiene Barelli. La conferma arriverebbe dalle differenze tra i toni della voce tra maschi e femmine, che aumenterebbero nei gruppi più numerosi e in quelli con sistemi di accoppiamento poligami, specialmente nei gruppi con un rapporto femmine-maschi più elevato.

La ricerca a cui ha partecipato la studiosa Unifi è peculiare, dunque, anche perché per la prima volta la voce viene considerata come un tratto sessuale secondario rilevante per indurre la femmina a selezionare il maschio. Un fattore che nel corso del tempo ha influito sul dimorfismo vocale tra maschi e femmine riscontrato nell’indagine e che ha riguardato anche l’evoluzione dell’uomo.


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