L’avvento dell’agricoltura, della pastorizia e di uno stile di vita sedentario favorì l’insorgere di nuove malattie nell’uomo che persistono ancora oggi. A lungo ipotizzata dai ricercatori, questa relazione è stata dimostrata per la prima volta dallo studio di materiali genetici risalenti al Neolitico.
I risultati dell’indagine internazionale, realizzata con il contributo del Dipartimento di Biologia e del Sistema Museale dell’Università di Firenze e coordinata dal Max Planck Institute for the Science of Human History di Jena (Germania), sono stati pubblicati su “Nature Ecology & Evolution” in un articolo dal titolo “Emergence of human -adapted Salmonella enterica is linked to the Neolithization process” (DOI: 10.1038/s41559-020-1106-9).

I ricercatori hanno esaminato 2.739 resti umani, provenienti da un’area vasta tra la Svizzera alla Russia, e sono riusciti a ricostruire otto genomi di Salmonella: il più antico risale al quinto millennio avanti Cristo e il più recente è riconducibile al periodo romano e appartiene alla collezione di Antropologia ed Etnologia del Sistema Museale d’Ateneo. Nel complesso si tratta del più antico genoma mai ricostruito di un batterio che è presente ancora oggi.
“Per la prima volta – ha sottolineato David Caramelli, direttore del Dipartimento di Biologia dell’Ateneo fiorentino – la paleogenomica è stata impiegata per raccontare l’evoluzione di un patogeno in relazione allo sviluppo di un nuovo stile di vita umano”.
Attraverso prove molecolari dirette lo studio internazionale ha dimostrato che l’introduzione di animali domestici e un cambiamento nella mobilità, tipici del cosiddetto “processo di neolitizzazione”, comportarono un’esposizione più costante e ricorrente agli agenti patogeni e quindi all’insorgere di nuove malattie.