Alcol e dolore neuropatico cronico

Una ricerca internazionale coordinata dal Dipartimento di Scienze della Salute è stata pubblicata sul The Journal of Clinical Investigation. Il focus dell'indagine è il meccanismo che produce l'infiammazione.
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Uno studio internazionale coordinato da ricercatori dell’Ateneo fiorentino ha messo in luce come l’assunzione di alcol sia in grado di indurre un dolore neuropatico cronico. L’indagine, realizzata sul modello animale, porta la firma di Francesco De Logu, Romina Nassini e Pierangelo Geppetti della sezione di Farmacologia Clinica del Dipartimento di Scienze della Salute dell’Ateneo fiorentino ed è stata pubblicata sulla rivista scientifica The Journal of Clinical Investigation (“Schwann cells expressing nociceptive channel TRPA1 orchestrate ethanol-evoked neuropathic pain in mice”: doi.org/10.1172/JCI128022).

Secondo lo studio, il fegato e le cellule che circondano i nervi dolorifici (“Schwann cells”) producono rapidamente l’acetaldeide, prodotto tossico considerato il principale responsabile degli effetti dannosi dell’alcol, tra cui anche la neuropatia. “A sua volta – spiega De Logu – l’acetaldeide attiva una proteina chiamata TRPA1 (potentemente attivato dalla salsa piccante giapponese wasabi), presente nelle stesse cellule di Schwann, rilasciando notevoli quantità di stress ossidativo, che potenzia e mantiene nel tempo la neuroinfiammazione del nervo e la produzione del dolore cronico”. Questo è l’elemento di maggior rilievo della ricerca che apre nuove prospettive in campo terapeutico.

Il consumo di alcol è all’origine di varie patologie nell’uomo. Tra le più diffuse anche il malfunzionamento dei nervi periferici con disturbi del movimento e una serie di sintomi dolorosi, particolarmente intensi alle estremità.

Anche nell’essere umano – aggiunge De Logu – le cellule di Schwann esprimono il TRPA1 e gli enzimi capaci di generare stress ossidativo. È possibile perciò che i meccanismi dolorosi riscontrati nella ricerca siano presenti anche negli alcolisti. In questo caso un farmaco in grado di bloccare TRPA1 potrebbe alleviare questa debilitante condizione patologica”.

 

 


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