Bilancio di genere, pubblicato il rapporto 2018

E’ online il primo Bilancio di genere dell’Università di Firenze, il documento che fotografa il contesto e individua criticità e prospettive per realizzare la parità di genere. L’analisi della presidente del Comitato Unico di Garanzia Unifi Brunella Casalini.
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Che cos’è e a che cosa serve il bilancio di genere?

Da tempo il bilancio di genere è considerato uno degli strumenti principali per avviare un processo virtuoso volto a ottenere la parità di genere. Offre una base informativa per la politica economica dell’istituzione, perché permette di capire gli effetti prodotti dalla passata allocazione delle risorse e quelli che potrebbero essere ottenuti mediante una diversa attenzione ad alcune voci di spesa o mediante un piano di azioni positive che individui aree di intervento particolarmente rilevanti in vista di un riequilibrio nei rapporti di genere. Di anno in anno tale bilancio permette di monitorare i risultati raggiunti con le politiche intraprese e valutarne gli impatti.

 Eliminare le disuguaglianze di genere è fondamentale per una crescita inclusiva e sostenibile

Quello del 2018 è il primo bilancio elaborato nel nostro Ateneo e si limita, per questo, a offrire un’analisi di contesto, relativa al triennio 2016-2018, che si focalizza su quattro componenti: quella studentesca; il personale docente e ricercatore; il personale tecnico amministrativo e gli incarichi istituzionali e di governo.

Che cosa emerge dalla prima fotografia Unifi?

Due tendenze, in estrema sintesi, che confermano le statistiche a livello europeo e nazionale sul mondo universitario.

Tra chi studia è presente un fenomeno di segregazione orizzontale, che porta le ragazze a concentrarsi soprattutto su alcune facoltà a scapito di altre (in particolare delle discipline delle STEM – Science, Technology, Engineering and Mathematics).

D’altra parte, sia tra il personale docente e ricercatore che tra il personale tecnico-amministrativo si assiste a un fenomeno di segregazione verticale, con una difficoltà delle donne a raggiungere le posizioni apicali.

Il dato positivo di questo primo bilancio Unifi è che, complessivamente, il nostro Ateneo presenta parametri nella media e, in alcuni casi, leggermente migliori della media nazionale, per esempio dal punto di vista delle condizioni occupazionali dei nostri laureati e dal cosiddetto glass ceiling index  (il rapporto tra la proporzione di donne tra ordinari, associati, ricercatori e assegnisti e la proporzione di donne tra gli ordinari): 1,68 a livello nazionale e 1,48 a livello fiorentino. Quando l’indice corrisponde a 1 significa che non ci sono differenze tra uomini e donne in termini di probabilità di avanzamento di carriera, se è inferiore a 1 significa che le donne sono più presenti tra gli ordinari che nel resto delle posizioni, se è superiore a 1 le donne sono sottorappresentate nella posizione di ordinari. Quanto più aumenta l’indice, insomma, tanto più è difficile per le donne arrivare alla posizione apicale.

Quali sono i dati più significativi relativi a chi studia a Firenze?

Più della metà della popolazione studentesca del nostro Ateneo è costituita da ragazze: erano il 59.2% nel 2016 e nel 2017; sono il 58,7 nel 2018. In quell’anno c’è stato però un calo significativo delle immatricolate (-4,5%) che meriterebbe  un’ulteriore analisi. Analoga attenzione si dovrebbe prestare alla diminuzione delle presenze femminili tra specializzande e dottorande (-6,6%) e assegniste (-2,4%).

La segregazione orizzontale produce una particolare forma di disuguaglianza con ricadute sia sui corsi di studio, che vengono privati in alcuni casi della ricchezza della diversità, sia sul piano individuale per i riflessi che la scelta formativa avrà poi in termini di possibilità lavorative e di retribuzione. Prendendo a riferimento l’anno accademico 2017/2018, in particolare, i due casi estremi sono rappresentati dalla Scuola di Ingegneria, con solo il 22,4% di studentesse, e quella di Studi Umanistici e della formazione con una percentuale di ragazze che raggiunge il 79% (di contro i ragazzi qui sono solo il 21%).

Se l’apprendimento di una lingua straniera è oggi uno tra i fattori che facilita l’ingresso nel mondo del lavoro, si deve evidenziare un ulteriore elemento negativo nelle scelte formative delle studentesse, ovvero quello rappresentato dalla bassa percentuale di quante tra loro decidono di sfruttare le opportunità date dai programmi di mobilità internazionale. Nel 2018 la percentuale delle studentesse coinvolte in questi programmi è del 39,7%.

Per quel che riguarda le performance, invece, le studentesse continuano a essere più del 60% di coloro che arrivano a completare il ciclo di studi e a conseguire il diploma di laurea.

E per quel che riguarda  docenti e ricercatori?

Sulla base del glass ceiling index, il nostro Ateneo mostra una situazione complessivamente più positiva rispetto alla situazione nazionale. Il fatto che l’indice continui però anche nel nostro Ateneo a essere superiore a 1 (valore che coincide con pari opportunità di carriera dei due generi) dimostra che siamo lontani dalla parità: le donne continuano a essere svantaggiate rispetto alla possibilità di fare carriera.

Quali sono i fattori principali che limitano le carriere femminili?

Il bilancio di genere 2018 approfondisce i dati relativi a uno fra i vari fattori, l’accesso ai fondi di ricerca, e mostra che le donne hanno maggiori difficoltà ad avere il ruolo di coordinatrice responsabile di un progetto di ricerca finanziato (nel 2018 una percentuale del 22,6 %)

Per avere altri elementi sui quali ragionare dovremmo andare a vedere il numero delle pubblicazioni, i temi di ricerca, la distribuzione tra carico didattico, carico amministrativo e di ricerca, la partecipazione a network nazionali e internazionali.

Secondo diverse ricerche internazionali, per esempio, una delle ragioni della maggiore difficoltà delle donne a fare carriera va ricondotta  al fatto che nell’università si ripropone una divisione degli usi del tempo legata a una costruzione tradizionale dei generi maschile e femminile, che per molti versi rispecchia i criteri tradizionali della divisione tra lavoro nella sfera domestica e lavoro nella sfera pubblica, con effetti che inevitabilmente vanno a perpetuare la resistenza del cosiddetto “soffitto di cristallo” e l’effetto della conduttura che perde (leaky pipeline). Sarebbe interessante, nei prossimi bilanci, riuscire a raccogliere dati sugli usi del tempo, per esempio inserendo indicatori sugli anni sabbatici e sul peso della didattica.

Che dati emergono rispetto alla componente tecnico amministrativa?

La segregazione verticale si presenta anche nel personale tecnico amministrativo. Sono donne 4 dei 10 dirigenti presenti in Ateneo, mentre arrivano all’80% dei collaboratori linguistici e il 65 % del personale tecnico-amministrativo.

In genere, le donne impiegano più tempo ad entrare in servizio rispetto agli uomini e hanno titoli di studio superiori a quelli richiesti per la posizione lavorativa che ricoprono. Sono, per altro, soprattutto donne coloro che hanno contratti a tempo determinato.

Bisogna notare poi che quella dei tecnici-amministrativi è una popolazione che va invecchiando, l’età media in servizio è in genere intorno ai 50 anni, e che dal 2016 è diminuita di 48 unità. Dati preoccupanti in termini di sostenibilità, considerato che le riforme degli ultimi anni e i continui mutamenti delle regole cui il sistema è sottoposto hanno comportato un carico di lavoro crescente per il personale tecnico-amministrativo.

Quali azioni ritiene utili il CUG Unifi per rimuovere gli ostacoli alle pari opportunità?

Il CUG svolge compiti importanti in direzione di un maggiore equilibrio di genere, anche alla luce della nuova direttiva ministeriale n. 2/19 “Misure per promuovere le pari opportunità e rafforzare il ruolo dei Comitati Unici di Garanzia nelle amministrazioni pubbliche”.

Lo fa, prima di tutto, attraverso la promozione o il patrocinio di attività ed eventi culturali che ruotano intorno ai temi della parità di genere, del contrasto a ogni forma di discriminazione, della valorizzazione della diversità e del benessere sociale ed organizzativo. Nei seminari e  conferenze che abbiamo fin qui proposto, abbiamo cercato di coinvolgere il più possibile le persone che fanno parte della comunità universitaria fiorentina. Continueremo a lavorare in questa direzione, perché siamo convinti che questo risponda a una importante domanda di partecipazione e di dialogo all’interno di una comunità che subisce continuamente la pressione di eccessivi carichi di lavoro e di logiche competitive, e saremmo felici di ricevere suggerimenti, stimoli e collaborazioni da chi lavora o studia presso il nostro Ateneo.

Il CUG può, però, anche stimolare l’amministrazione ad adottare misure di conciliazione vita/lavoro quali il telelavoro e il lavoro agile. Abbiamo sostenuto l’adozione del telelavoro nel nostro Ateneo e stiamo attualmente suggerendo a riguardo una diversa regolamentazione che distingua tra telelavoro stabile,  annuale,  misto o semestrale, e telelavoro breve o smart, sul modello adottato dall’Università di Venezia. Abbiamo anche chiesto all’amministrazione la costituzione di una banca di ore solidale alimentata, sulla basa di un’adesione volontaria dei lavoratori, dalla cessione a titolo gratuito di ore di straordinario non computabili a fini salariali, da destinare all’assistenza di familiari in situazioni di gravi necessità e urgenza.

Un’indicazione importante che viene dalla direttiva del 2019, che dovremo sicuramente tenere presente, è la costituzione di una mappatura delle competenze del personale tecnico-amministrativo volta a valorizzarne la presenza e il ruolo – cosa resa ancor più necessaria e opportuna visto l’elemento della sovra-scolarizzazione che emerge dai dati raccolti mediante il bilancio di genere.

Altrettanto fondamentale, rispetto alla rimozione degli ostacoli alle pari opportunità, ma anche al benessere della comunità universitaria, è l’ascolto da parte del CUG di quanti vivono situazioni che possano configurarsi nella fattispecie del mobbing e delle molestie. E anche su questo continueremo a lavorare.


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