Dalla pupilla informazioni sulla personalità

Pubblicato su eLife lo studio che dimostra come le fluttuazioni del diametro pupillare durante la visione di uno stimolo visivo siano altamente predittive dei tratti di personalità di tipo autistico.
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Il diametro della pupilla rivela i tratti della nostra personalità: è quello che ipotizza una ricerca guidata da David Burr, ordinario di Psicobiologia e psicologia fisiologica del Dipartimento di Neuroscienze, area del farmaco e salute del bambino (Neurofarba) e da Paola Binda, ricercatrice dell’Università di Pisa, e condotta insieme a Marco Turi, della Fondazione Stella Maris Mediterraneo.

Lo studio è stato pubblicato sulla rivista scientifica eLife e dimostra come le fluttuazioni del diametro pupillare durante la visione di un semplice stimolo visivo siano altamente predittive dei tratti di personalità di tipo autistico (“Pupillometry reveals perceptual differences that are tightly linked to autistic traits in typical adults”, https://doi.org/10.7554/eLife.32399.001).

Partendo dal presupposto che personalità diverse tendono a percepire la realtà in modo lievemente, ma sistematicamente diverso, lo studio ha dimostrato che il diametro delle nostre pupille tradisce il contenuto della nostra percezione, quello che vediamo e come lo vediamo. Tali tendenze si accompagnano in modo sistematico ai tratti di personalità, in particolare lungo lo spettro autistico. La conseguenza, potenzialmente rivoluzionaria, è che affiancando i test di personalità con un parametro obiettivo, che si misura in millimetri, il diametro pupillare potrebbe fornire indicazioni sulla nostra personalità.

In questo primo stadio, la ricerca ha coinvolto un gruppo di giovani adulti i cui tratti autistici si posizionavano nella gamma “sub-clinica”, in assenza, cioè, di un disturbo diagnosticato.

“Il prossimo passo sarà misurare il comportamento delle pupille durante il nostro test nella popolazione clinica, che dovrebbe mostrare fluttuazioni di pupilla ancora più grandi rispetto ai partecipanti di questo studio – commenta David Burr – L’obiettivo è ambizioso, ma potrebbe avere un grande impatto e aiutare i clinici nel trovare un marcatore efficace e precoce dei disturbi dello spettro autistico”.

 


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