Giovani e carcere, l’importanza di curare i deficit di vista e udito

Unifi in una review sulla relazione tra disturbi sensoriali e probabilità di incarcerazione per i ragazzi con meno di 25 anni
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Ogni anno, nel mondo, circa un milione e mezzo di bambini e giovani entra in contatto con il sistema di detenzione. Queste cifre evidenziano un dramma sociale e una questione di salute pubblica: gli ex detenuti adolescenti presentano tassi più alti di disturbi mentali, malattie infettive e patologie croniche.

Gianni Virgili, docente di Malattie dell’apparato visivo presso il Dipartimento di Neuroscienze, Psicologia, Area del Farmaco e Salute del Bambino, ha partecipato a una review condotta da un team internazionale e pubblicata su eClinicalMedicine, rivista del gruppo The Lancet, che ha affrontato per la prima volta in maniera sistematica un aspetto rimasto finora ai margini del dibattito scientifico: il legame tra disturbi sensoriali e incarcerazione giovanile.

La ricerca, coordinata dalla Queen’s University Belfast, ha raccolto dati da 23 studi per un totale di quasi 35mila ragazzi tra i 10 e i 24 anni provenienti soprattutto da paesi anglofoni ed europei ad alto reddito e ha rivelato come, rispetto ai loro coetanei non detenuti, il deficit uditivo risulti quattro volte più frequente tra i giovani passati dal sistema giudiziario, mentre il deficit visivo appare due volte più comune.

Virgili, unico italiano nel team, ha curato il protocollo di ricerca, la selezione degli studi e la sintesi statistica dei risultati dello studio.

“Le patologie più diagnosticate – afferma Virgili – sono l’ipoacusia neurosensoriale (la perdita dell’udito causata da un danno o malfunzionamento delle cellule sensoriali dell’orecchio interno o dei nervi che trasmettono il suono al cervello) e gli errori refrattivi (miopia, ipermetropia, presbiopia, astigmatismo). Condizioni spesso semplici da correggere con un paio di occhiali o un apparecchio acustico, ma che, se trascurate, possono contribuire a un percorso di esclusione e vulnerabilità. Questi problemi sono più rappresentati nei paesi a basso e medio reddito, dove opera il team di ricerca che ha prodotto questa review. Chi non vede o non sente bene – aggiunge – fatica a comunicare, apprendere, relazionarsi. L’ipoacusia infantile, ad esempio, può ostacolare lo sviluppo del linguaggio e la comprensione del mondo circostante, generando frustrazione e isolamento, soprattutto in paesi dove il supporto sanitario e sociale è limitato. I disturbi visivi non corretti, estremamente frequenti in Asia e Sud-est asiatico, compromettono il rendimento scolastico e la fiducia in sé stessi, aumentando il rischio di depressione negli stessi bambini. Con il tempo, queste fragilità possono tradursi in difficoltà comportamentali, abbandono scolastico e rischio di devianza”.

Nonostante la prevalenza di disturbi sensoriali tra i giovani detenuti sia da due a quattro volte superiore rispetto ai coetanei, pochissimi studi hanno indagato se correggere questi problemi possa ridurre la recidiva, cioè il ritorno nel sistema di giustizia dopo la scarcerazione. Inoltre, gli autori della review lanciano un appello semplice ma cruciale: condurre ricerca sull’utilità degli screening   per la vista e l’udito all’ingresso nelle strutture di detenzione giovanile, garantendo assistenza adeguata e continuità delle cure dopo il rilascio, un modello attualmente studiato in Malawi da questo Team. Un’azione di prevenzione che, oltre a migliorare la salute, potrebbe diventare uno strumento concreto di riabilitazione e inclusione. Il gruppo di ricerca, infine, sottolinea la necessità di condurre studi nei paesi a basso e medio reddito, dove vive la maggior parte dei giovani detenuti e dove l’accesso ai servizi sanitari è più limitato.

“Un intervento sanitario, anche non particolarmente costoso come un paio di occhiali, può portare a benefici importanti sul piano educativo e delle prospettive economiche in questi paesi. A volte basta davvero vedere e ascoltare meglio per cambiare un destino”.


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