Giovanni Cherubini e la medievistica fiorentina

A un anno dalla scomparsa il ricordo del professore emerito e della sua eredità intellettuale, nel solco di una tradizione di eccellenza.

Lunedì 2 maggio (ore 9) l’Ateneo di Firenze organizza nell’Aula Magna del Rettorato (piazza San Marco, 4) la Giornata di Studio “In memoria di Giovanni Cherubini”. Ai saluti istituzionali della rettrice Alessandra Petrucci e del Direttore del SAGAS Paolo Liverani, seguiranno due sessioni (presiedute da Andrea Zorzi e Gabriella Piccinni) dedicate a “Giovanni Cherubini: il profilo, le testimonianze” (interventi di Giuliano Pinto, Franco Cardini, Franco Franceschi) e “Giovanni Cherubini: gli studi, l’eredità intellettuale” (interventi di Massimo Montanari, Élisabeth Crouzet Pavan, Francesco Panarelli).

Giovanni Cherubini (Bibbiena 1937 – Grassina 2021) si era laureato nel 1961 con Ernesto Sestan e dopo pochi anni assunse il ruolo di assistente volontario e poi di ruolo (1967-68), proseguendo quindi la sua carriera di docente di storia medievale fino a diventare emerito del nostro Ateneo.

Nell’alveo segnato dai maestri Gaetano Salvemini ed Ernesto Sestan, Giovanni Cherubini ha contribuito a costruire la rilevanza sul piano internazionale della medievistica fiorentina, con la sua instancabile attività di docente e ricercatore.

Il suo interesse per la storia delle campagne e delle città abbracciava aspetti delle strutture e dei conflitti sociali, delle attività economiche, della mentalità e della vita religiosa, con una spiccata sensibilità per la comparazione europea, sempre concepita “dall’Atlantico agli Urali”. Cherubini è stato anche presidente dell’Istituto di Storia della Facoltà di Lettere, poi direttore del Dipartimento di Storia e coordinatore del Dottorato di ricerca in Storia Medievale. Tra i numerosi ruoli scientifici si ricordano la direzione della «Rivista di storia dell’agricoltura» dell’Accademia dei Georgofili (1986-2017); la presidenza del Centro Italiano di Studi di Storia e d’Arte di Pistoia (1991-2017); la direzione del Centro Studi sulla Civiltà comunale (2003-2009) di cui fu anche promotore.

Ma oltre alle note accademiche, il ricordo di un maestro si apre a un’infinita costellazione di memorie di quanti lo hanno incontrato come allievi, come colleghi, come appassionati di storia e cultura, magari anche solo attraverso la lettura. La poliedrica attività, le curiosità e gli interessi di ricerca di Giovanni Cherubini andavano infatti ben oltre le sedi universitarie, tanto da aver lasciato un’indelebile traccia anche in chi lo ha conosciuto come giovanissimo docente di scuola media all’inizio della sua carriera, come promotore e animatore di istituzioni culturali, o anche nel suo impegno politico nel comune di Bagno a Ripoli, dove era stato assessore all’istruzione e alla cultura (1975-1985) e convinto promotore della costruzione della (allora) nuova biblioteca comunale di Ponte a Niccheri. Ambienti e interlocutori diversi, che Cherubini considerava come essenziali per la sua attività di studioso, tanto che lui stesso ne conservava una vivida memoria, dai suoi maestri ai suoi colleghi e amici, fino ai suoi stessi allievi. Anzi, spesso amava parlare più di loro che non di se stesso.

Parlare di storia con Giovanni Cherubini era come spalancare finestre, non solo sul passato o sul medioevo, ma anche sul presente. Lo animava sempre l’intento di capire i fattori che muovono la società, la necessità di gerarchizzare i fenomeni e di non fermarsi a mero descrittivismo. Era convinto che nessuna storia fosse “neutrale” e che anzi i più grandi storici fossero proprio quelli che, naturalmente senza “falsare le carte”, non avevano timore di esporre le proprie idee e le proprie convinzioni, perché questo era il modo di mettersi su un piano di parità col lettore.

In un dialogo pubblico con insegnanti, Cherubini aveva così sintetizzato il movente della ricerca storica: «Il ragionare storico parte sempre (o dovrebbe) da una o più domande che orientano o danno un senso alla nostra vita: il rapporto tra la vita e la morte, le convinzioni religiose, una ideologia politica, la visione dei rapporti tra gli uomini, la necessità della solidarietà, della giustizia (o/e dell’uguaglianza) nella società. Non c’è bisogno di aggiungere che a queste convinzioni che orientano il nostro pensiero (e spesso la nostra vita) noi giungiamo attraverso le esperienze personali e spesso le suggestioni più diverse, di amici, di adulti ai quali va la nostra fiducia e il nostro affetto, o per vie diverse. E già questo ci dovrebbe convincere che non siamo mai, anche nel nostro pensiero, degli atomi lontani dagli altri». Una consegna che in molti ha lasciato una traccia inconfondibile.


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