Considerare la natura dinamica dell’ossigeno nelle acque costiere per prevedere il comportamento delle specie di fronte al cambiamento climatico e riuscire quindi a proteggere meglio la vita marina, anche dagli inquinanti. È l’affascinante teoria proposta da un team di ricercatori dell’Università di Newcastle in Inghilterra, con la partecipazione del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agrarie, Alimentari, Ambientali e Forestali (DAGRI).
Lo studio (“The ecology of the oxyscape in coastal ecosystems” – https://doi.org/10.1016/j.tree.2025.06.008), pubblicato sulla rivista Trends in Ecology and Evolution pone l’accento sulla necessità di rivedere, con urgenza, il modo in cui comprendiamo le dinamiche legate all’ossigeno nei nostri oceani. L’ossigeno, sostengono gli autori, dovrà essere considerato d’ora in avanti come il criterio su cui basare la comprensione degli ambienti marini di resistere agli stress climatici, la risorsa fondamentale per cui gli organismi acquatici competono, a seconda della quantità disponibile e della velocità con cui viene prodotto. Tale approccio potrà aiutare gli scienziati a prevedere meglio dove vivranno le specie, come risponderanno gli ecosistemi all’aumento delle temperature e in che modo sarà possibile salvaguardare l’habitat.
I livelli di ossigeno negli ecosistemi marini – secondo quanto rilevato dai ricercatori – non sono stabili ma in continuo cambiamento (‘oxyscape’) e quando gli animali sono esposti a fluttuazioni naturali di ossigeno, possono sviluppare una maggiore tolleranza a fattori di stress come ondate di calore e inquinamento.
Si tratterà, in sostanza, di misurare la variazione di concentrazione di ossigeno in prossimità delle coste nel modo in cui la percepiscono gli organismi acquatici. I risultati potranno essere utilizzati per sviluppare strategie di conservazione più intelligenti, costruire modelli climatici più accurati, nonché per la gestione di specie importanti per la pesca e l’eventuale ripristino in ambienti contaminati.
“Nello studio delle dinamiche dell’ossigeno negli ambienti acquatici non dobbiamo dimenticarci del ruolo chiave dei microrganismi – spiega Matteo Daghio, ricercatore Unifi di Microbiologia agraria, alimentare e ambientale -. Circa 2,4-2,7 miliardi di anni fa, i cianobatteri hanno sviluppato la fotosintesi ossigenica. Questo evento ha segnato una transizione cruciale da un’atmosfera priva di ossigeno a un’atmosfera ricca di ossigeno. I microrganismi contribuiscono ancora in modo significativo alla produzione di ossigeno negli ecosistemi costieri e sono vitali per migliorare la complessità e la biodiversità degli habitat. Altri microrganismi, che vivono negli strati superficiali dei sedimenti – i cosiddetti cable bacteria – sfruttano l’ossigeno presente nell’acqua per generare delle vere e proprie correnti elettriche influenzando la chimica dei sedimenti e la capacità dell’ambiente di rimuovere eventuali inquinanti”.
Sandra Salvato