Covid-19, test di gruppo per accelerare lo screening

La proposta viene da un gruppo di ricerca del Dipartimento di Statistica, Informatica, Applicazioni dell’Ateneo. La tecnica consentirebbe di individuare soggetti positivi al Covid-19 in maniera più efficace e mirata

E’ stata sperimentata durante la Seconda Guerra Mondiale per diagnosticare la sifilide e in tempi più recenti per rilevare casi di SARS e di HIV. La tecnica del pool testing – analisi di gruppi di persone – è stata rilanciata in queste settimane da un gruppo di ricercatori del Dipartimento di Statistica, Informatica, Applicazioni dell’Ateneo per individuare soggetti positivi al Covid-19 in maniera più efficace e mirata. Sempre attraverso il ricorso al tampone, questo strumento darebbe maggiore impulso allo screening che risulta una priorità della fase 2 per contenere la diffusione del contagio, insieme al distanziamento sociale.

ll pool testing prevede un test unico per più soggetti su un mix di materiale biologico da tampone individuale– spiega Michela Baccini, docente di Statistica medica, che fa parte del team di Fabrizia Mealli, direttrice del Florence center for data science dell’Ateneo fiorentino -. Invece di procedere attraverso analisi individuali, si mette insieme il materiale biologico di più soggetti e lo si analizza come fosse uno soltanto”. I benefici di questa tecnica sono facilmente intuibili a condizione che non si perda la capacità di rilevare l’infezione (cosa che potrebbe accadere se il materiale fosse eccessivamente diluito) e aumentano se i soggetti presi in esame condividono spazi comuni e interagiscano fra di loro. Ma come funziona?

Prendiamo una popolazione di cento individui e suddividiamola in dieci gruppi – spiega la studiosa – avremo così dieci composti da analizzare in laboratorio. Ammettiamo che solo due di questi risultino positivi – prosegue – per individuare gli infetti dovremo procedere con venti analisi individuali, che sommate alle prime dieci, fa trenta. Il risultato è un risparmio di settanta tamponi”.

La tecnica offre garanzie se applicata a gruppi numericamente limitati –  come per esempio nel caso degli operai di una fabbrica, del personale sanitario e dei pazienti di un ospedale, degli ospiti di un istituto di cura o un gruppo familiare – e dovrebbe essere ripetuta nel tempo perché per capire l’evoluzione epidemica bisogna essere in grado di fare tamponi più volte. “Non ha alcun senso concepire operazioni a tappeto se non ci sono le condizioni per replicare i test. Sappiamo dunque che non tutte le persone potranno essere esaminate e che occorre una programmazione per replicare la rilevazione”.

L’intuizione che il pool testing potesse essere una soluzione percorribile è arrivata quasi per caso “Ascoltavo un collega parlare degli effetti di questa tecnica nella ricerca e ho pensato che potesse servire a supporto dell’attività di sorveglianza, a individuare cioè i soggetti con infezione in corso. A quel punto abbiamo preso contatto con il laboratorio COVID-19 di ISPRO (Istituto per lo Studio, la Prevenzione e la Rete Oncologica) di Firenze a cui abbiamo chiesto di verificare la fattibilità della tecnica. E i risultati preliminari sono stati positivi. Nel frattempo, insieme all’Azienda Regionale di Sanità Toscana (ARS), abbiamo offerto alla Regione Toscana la disponibilità a collaborare su questo fronte.

I vantaggi del pool testing sono indubbiamente un risparmio di tempo oltre che economico “Tra l’altro – prosegue Baccini – secondo una recente direttiva del Ministero i test sierologici non sono affidabili ai fini della sorveglianza e l’unico strumento per le diagnosi resta quello dei tamponi. Questo significa che diventa ancora più importante mettere in campo delle tecniche che richiedano un minor numero di reagenti”.

Il pool testing però è un’opzione valida se ci sono alcuni presupposti. E’ una strada che non può essere percorsa quando c’è un focolaio in atto, altrimenti non è vantaggiosa – aggiunge la docente fiorentina – la diffusione del contagio deve restare dentro alcuni parametri, come per esempio quelli attuali con una prevalenza di casi bassa”. Adesso però l’impedimento potrebbe essere un altro “In estate la carica virale è inferiore e potrebbe diventare più difficile rilevare l’infezione”. Se ne riparlerebbe allora in autunno, in caso di una seconda ondata, ma nel frattempo è importante approfittare di questo tempo prezioso per sviluppare strumenti per limitare il contagio.


COPYRIGHT: © 2017 UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI FIRENZE.
Eccetto dove diversamente specificato, i contenuti di questo post sono rilasciati sotto Licenza Creative Commons Attribution ShareAlike 4.0 International (CC BY-SA 4.0).

Written By
More from redazione

Monitoraggio del Vulcano Fuego, docente Unifi nel team europeo

Maurizio Ripepe del Dipartimento di Scienze della Terra è tra i quattro...
Leggi di più