Lo studio multicentrico guidato da Luca Massacesi – ordinario di Neurologia del Dipartimento di Neuroscienze, psicologia, area del farmaco e salute del bambino e direttore della struttura organizzativa dipartimentale Neurologia dell’Azienda ospedaliero-universitaria di Careggi – ha dimostrato che il cosiddetto “segno della vena centrale”, già identificato come un indicatore per la sclerosi multipla, permette di escludere con sicurezza la diagnosi di altre malattie autoimmuni del sistema nervoso centrale con quadri clinici, decorso e lesioni cerebrali analoghi (“Central Vein Sign Differentiates Multiple Sclerosis from Central Nervous System Inflammatory Vasculopathies”, doi: 10.1002/ana.25146).
I ricercatori hanno analizzato le lesioni del sistema nervoso centrale di 83 pazienti e hanno dimostrato che la tecnica di risonanza magnetica che visualizza il segno della vena centrale individua – con una precisione del 100% – tutti i pazienti affetti da sclerosi multipla e tutti quelli con vasculopatie infiammatorie.
“La sclerosi multipla è la più frequente malattia invalidante dei giovani, in cui meccanismi patogenetici autoimmunitari determinano lesioni infiammatorie-demielinizzanti nella sostanza bianca del sistema nervoso centrale e sintomi neurologici caratteristici – spiega Massacesi -. La diagnosi della malattia viene fatta sia clinicamente che attraverso esami strumentali o di laboratorio, in particolare con la risonanza magnetica dell’encefalo e del midollo spinale. Tuttavia spesso tale diagnosi è resa difficile dalla somiglianza della caratteristiche della sclerosi multipla con quelle di alcuni tipi di vasculopatie, sempre del sistema nervoso centrale, dei giovani adulti – prosegue il docente -. Escludere queste ultime con certezza è, infatti, di regola complesso perché i marker diagnostici disponibili non sono specifici e sono necessarie pratiche invasive”.
“La nostra osservazione – conclude Massacesi – consentirà di migliorare l’accuratezza della diagnosi per ciascun paziente, con conseguenti vantaggi nella scelta e nella tempistica delle terapie necessarie”.