Come funzionano le “società” fra piante e batteri

In uno studio su Nature Communications guidato da Unifi un modello virtuale simula tutti gli scambi metabolici che avvengono nelle simbiosi fra leguminose e i rizobi, batteri capaci di fissare l’azoto atmosferico.
La simbiosi leguminosa-batterio: piante inoculate con rizobi (a sinistra) e piante senza rizobi (a destra).
La simbiosi leguminosa-batterio: piante inoculate con rizobi (a sinistra) e piante senza rizobi (a destra).
Immagini al microscopio confocale di una sezione del nodulo radicale: all’interno i batteri
Immagini al microscopio confocale di una sezione del nodulo radicale: all’interno i batteri

Si chiamano simbiosi le associazioni fra più individui di specie naturali diverse che consentono un reciproco vantaggio. E’ il caso dei rizobi, batteri del suolo, che entrando in relazione con le leguminose riescono a trasformare l’azoto atmosferico in ammonio, fondamentale per la sintesi delle proteine. Nasce così un delicato equilibrio in cui la pianta cede proprie risorse al batterio per permettergli di produrre ammonio, facendo attenzione però a non limitare eccessivamente la propria crescita proprio a causa di queste risorse cedute al suo “ospite”, che si installa nelle radici della pianta in regioni dette “noduli”.

L’enorme complessità di scambi metabolici fra piante e batteri è stata ora studiata e ricostruita attraverso un modello virtuale di nodulo  (nominato ViNE per “Virtual Nodule Environment”) in uno studio pubblicato su Nature Communications e guidato dall’Università di Firenze, in collaborazione con Queen’s University (Canada) e Luxemburg University (“Genome-scale metabolic reconstruction of the symbiosis between a leguminous plant and a nitrogen-fixing bacterium” DOI: 10.1038/s41467-020-16484-2).

Ingrandimento in cui è possibile notare i singoli batteri colorati in verde
Ingrandimento in cui è possibile notare i singoli batteri colorati in verde

“Si tratta – spiegano Marco Fondi e Alessio Mengoni, rispettivamente ricercatore e docente di Genetica al Dipartimento di Biologia, autori della ricerca insieme al giovane ricercatore Michelangelo Tesi – di uno dei primi modelli che prende in considerazione il processo generale di simbiosi e anche uno dei più grandi e comprensivi: include, infatti, circa 6500 reazioni metaboliche al suo interno. Finora ha permesso di capire qual è l’effetto sulla crescita della pianta di una fissazione dell’azoto più o meno efficiente e come il metabolismo del batterio cambi durante le diverse fasi della simbiosi – proseguono gli studiosi -. Ma in futuro, ViNE rappresenterà una risorsa per l’intera comunità scientifica impegnata sul fronte dei rapporti batteri-piante”.

Anche in campo applicativo i rizobi hanno riscosso grande interesse per il loro potenziale utilizzo come fertilizzanti, al posto di analoghi prodotti industriali a base di azoto.


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