Non ‘dimenticarsi’ dell’Alzheimer e mantenere alta l’attenzione sulle malattie che provocano decadimento cognitivo, patologie che colpiscono oltre 50 milioni di persone nel mondo secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, è lo scopo della Giornata mondiale dell’Alzheimer. Istituita nel 1994 dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e dall’Alzheimer’s disease international (Adi), si celebra ogni 21 settembre.
L’Alzheimer rappresenta la più comune forma di demenza. Insorge generalmente dopo i 65 anni di età e colpisce più spesso le donne. Comporta un progressivo decadimento delle funzioni cognitive, a cominciare dalla memoria.
“I dati del Ministero della salute indicano che in Italia circa due milioni di over 65 soffrono di demenza o di fasi iniziali di decadimento cognitivo” spiega Sandro Sorbi, docente di Neurologia del Dipartimento di Neuroscienze, Psicologia, Area del Farmaco e Salute del Bambino (NEUROFARBA). “Si tratta di un grave problema che si ripercuote anche sulle famiglie di chi ne è affetto, ma fortunatamente negli ultimi anni la ricerca ha fatto passi importanti nel chiarire le dinamiche che contraddistinguono inizio e decorso della malattia”.
“Esistono quattro farmaci convenzionali prescritti per rallentare la progressione dell’Alzheimer e sono in valutazione nuove terapie mirate a modificare il decorso della patologia” aggiunge Valentina Bessi, docente di Neurologia del NEUROFARBA. “Diventa fondamentale una diagnosi precoce. Nell’individuazione dei soggetti a rischio gioca un ruolo decisivo l’utilizzo dei marcatori plasmatici: attraverso un prelievo di sangue siamo in grado di determinare le possibilità di sviluppare la malattia”.