Una risposta ai misteri delle profondità della Terra potrebbe arrivare dallo spazio, in un nuovo minerale scoperto in una meteorite analizzata nei laboratori Unifi.
Proseguono gli studi condotti da Luca Bindi, direttore del Dipartimento di Scienze della Terra e docente di Mineralogia, sui frammenti della meteorite Suizhou, caduta il 15 aprile 1986 a Dayanpo, in Cina. I nuovi risultati della ricerca – svolta insieme alla Nanjing University, l’Arizona State University e il Guangzhou Institute of Geochemistry dell’Accademia Cinese delle Scienze – sono stati pubblicati come articolo inaugurale sulla nuova rivista Discover Minerals (DOI: https://doi.org/10.1007/s44346-024-00001-0), nell’articolo “Unveiling deep Earth’s hidden potential: insights from a new high‑pressure phase discovered in a shocked meteorite”.
Il nuovo minerale è stato approvato dalla International Mineralogical Association e denominato ohtaniite in onore di Eiji Ohtani, punto di riferimento per lo sviluppo delle ricerche condotte ad alta e altissima pressione sui minerali, che hanno dato un decisivo contributo alla comprensione dell’evoluzione degli strati più interni della Terra.
“Il nuovo minerale è caratterizzato da un reticolo cristallino distinto e da proprietà fisiche uniche, caratteristiche che suggeriscono l’ipotesi di una trasformazione indotta dallo shock di compressione – spiega Bindi –. Questa scoperta amplia la nostra comprensione delle trasformazioni mineralogiche indotte dallo shock nei materiali extraterrestri e offre approfondimenti sui processi che modellano l’evoluzione delle meteoriti”.
L’ohtaniite, però, ha una valenza fondamentale anche per la ricerca sulla composizione delle zone più interne del nostro pianeta. I minerali ad alta pressione trovati nelle meteoriti offrono infatti esempi naturali dei materiali che potrebbero costituire le zone più profonde e che sono sottoposti a condizioni estreme di pressione e temperatura.
“Il minerale trovato possiede una composizione molto simile a quella del materiale che si crede costituisca l’interno del pianeta e rende possibili nuove teorie che mettono in discussione le attuali ipotesi sulla composizione degli strati più profondi. D’altronde, conosciamo ancora poco il nostro pianeta: il 40% in volume della Terra dovrebbe essere composto da un minerale che abbiamo rinvenuto solo in oggetti extraterrestri sino a oggi”.
L’apporto di Unifi nell’analisi dei frammenti di Suizhou si è rivelata fondamentale: l’Ateneo fiorentino possiede una strumentazione all’avanguardia per la caratterizzazione dei materiali, in particolare nei laboratori del Centro di Servizi di Cristallografia Strutturale (di cui Bindi è il presidente).
“Negli ultimi 10 anni – conclude – l’Università ha effettuato investimenti importanti, si è dotata di dispositivi unici e altri ancora più sofisticati sono in arrivo. A oggi è in grado di effettuare ogni tipo di analisi senza appoggiarsi ad altri centri di ricerca, anzi diventando punto di riferimento per le attività di caratterizzazione dei materiali in tutto il panorama internazionale. Unifi, grazie a competenze e strumentazione, ricopre oggi un ruolo di primo piano nelle scienze planetarie, come testimoniato dal ruolo chiave giocato nel Partenariato Esteso ‘Space It Up!’ – di cui è responsabile scientifico il docente di Mineralogia Giovanni Pratesi, ndr – e dalla recente analisi dei frammenti provenienti dall’asteroide Ryugu”.