L’amore per la lingua, un passo per salvare il pianeta

In occasione della XXIII settimana della lingua italiana nel mondo, dedicata all'italiano e alla sostenibilità, l'Accademia della Crusca ha pubblicato un ebook che vede tra i curatori il linguista Marco Biffi
Archivio fotografico 123rf.com - Riproduzione riservata
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Si celebra quest’anno la XXIII settimana della lingua italiana nel mondo ideata dall’Accademia della Crusca e organizzata dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale. Tra le iniziative promosse anche un ebook dal titolo “L’italiano e la sostenibilità”scaricabile da goWare – che vede il contributo di alcuni docenti dell’Ateneo: Giovanni Ferrara del Dipartimento di Ingegneria industriale, Francesca Maltagliati, dottoranda del Dipartimento di Lettere e Filosofia, Giacomo Vivoli del Dipartimento di Scienze Giuridiche, e Marco Biffi, docente di Linguistica Italiana del nostro Ateneo, che è anche curatore della pubblicazione e a cui abbiamo rivolto alcune domande:

L’ebook offre una riflessione in materia di sostenibilità, mantenendosi in equilibrio tra trattazione scientifica e creazione artistica, attraverso il contributo di linguisti e non linguisti. Com’è nata questa collaborazione tra esperti in settori diversi? 

Il tema della sostenibilità è decisamente trasversale, da ogni punto di vista, e per comunicare la sostenibilità è fondamentale la prospettiva dei vari saperi tecnico-scientifici interessati, del diritto, e naturalmente è fondamentale l’apporto di coloro che sono esperti in comunicazione e nell’uso efficace ed efficiente della lingua, vale a dire i linguisti. Ci sono vari materiali in circolazione per spiegare la sostenibilità, anche glossari che spiegano le parole maggiormente ricorrenti: difficilmente si è chiesta la collaborazione dei linguisti. Proprio per questo quando invece il lavoro di partenza è stato quello linguistico, si è ricercato un contatto con gli altri.

Copertina del volume “L’italiano e la sostenibilità”

Ciò nonostante – con la consapevolezza viva di questo necessario dialogo – nello specifico le scelte sono decisamente riconducibili all’ambito della serendipità. Giovanni Ferrara è un amico ingegnere molto competente con cui più volte ci siamo soffermati a riflettere su questi temi, sia dal punto di vista tecnologico che da quello più strettamente comunicativo; e pertanto mi è sembrata la cosa più normale di questo mondo coinvolgerlo in questa impresa nella sezione del libro “Dalla parte dei non linguisti”

Da un anno sono responsabile di una borsa di dottorato ottenuta con un progetto dal titolo “Strategie di trasparenza linguistica per una maggiore consapevolezza e condivisione dei processi e delle politiche di sostenibilità”, per il dottorato di Filologia, Letteratura italiana, Linguistica (curriculum “Umanistica digitale”), finanziata sulla tematica “green”. La vincitrice, Francesca Maltagliati (che è anche autrice di un contributo all’interno del volume), durante il primo anno ha pensato di consolidare le sue conoscenze di base frequentando il corso di “Diritto dell’ambiente” di Giacomo Vivoli, e così sia io che lei abbiamo potuto approfondire le questioni normative, con i vari intrecci europei e mondiali, che mi hanno convinto della necessità di una testimonianza di questa coté in un volume sulla sostenibilità.

La sezione dedicata a “Lingua e creatività sostenibile” nasce da due incontri fortuiti, ma estremamente fruttuosi. Antonio Disi è un ricercatore dell’ENEA, la cui attività è quella di promuovere progetti e campagne volte alla sensibilizzazione sui temi del risparmio energetico. Mi contattò qualche anno fa per un progetto divertente in collaborazione con l’Accademia della Crusca e che ruotava intorno al pesce d’aprile (ne parlo anche nel libro), e così mi sono imbattuto nella sua creatività che dal lavoro riversa anche nel tempo libero scrivendo racconti, poesie e testi vari fedele al motto “la creatività è l’unica energia che non va risparmiata”. È un modo originale di rincorrere la sostenibilità che era importante fosse testimoniato in questo libro. 

Ho conosciuto Lorenzo Baglioni per le sue canzoni didattiche e da lì è nata un’amicizia profonda e una collaborazione continuata nel tempo: visto che scrive anche bellissime canzoni sociali, e ne ha scritta una sul tema, era importante che questo approccio trovasse una sua visibilità nel volume. Perché per diffondere in modo capillare una naturale sensibilità ai problemi dello sviluppo sostenibile nessuna strada va lasciata intentata.

La pubblicazione evidenzia il ruolo del linguaggio in relazione a diversi ambiti della sostenibilità. Quali sono gli spunti più significativi che il lettore può cogliere? 

Il significato della parola sostenibilità e dell’aggettivo sostenibile si precisa di volta in volta, in una marea fluida, assumendo accezioni diverse a seconda dell’ambito, della disciplina, della prospettiva in cui viene declinato. Nelle accezioni tecniche in cui ricorre, a ben vedere, non è mai autoportante, ma ha bisogno di una specificazione, che di volta in volta trova nel sostantivo che lo accompagna (agricoltura sostenibile, architettura sostenibile ecc.) o nel prefissoide che lo precede (ecosostenibile, biosostenibile). E questo contribuisce a creare una galassia di termini tecnici, che attraggono poi altre terminologie provenienti dalle più disparate discipline.

Ogni politica rivolta a uno sviluppo sostenibile si basa sul coinvolgimento attivo di tutti. In fondo promuovere la sostenibilità significa cercare di convincere le persone a cambiare le loro abitudini, rinunciare ad alcune – a volte molte – comodità, creare un clima politico che forzi l’abbandono delle strategie capitalistiche dello sfruttamento delle risorse del pianeta in nome di un profitto immediato e incosciente. È molto ciò che chiediamo. Per questo ogni messaggio legato alla sostenibilità deve essere chiaro e trasparente, persino accattivante: muovendosi in un contesto tecnico complesso bisogna far capire a tutti, a prescindere dall’età, dalla provenienza geografica, dalla provenienza sociale, dal grado di istruzione, perché è importante riciclare i rifiuti, rinunciare all’uso incondizionato della propria auto, ripensare i procedimenti produttivi in modo tale che l’impatto ambientale sia ridotto al minimo. 

Dalla parola alla realtà, cosa significa oggi “sviluppo sostenibile” e in che modo a suo avviso il linguaggio, e nello specifico la lingua italiana, può contribuire a una politica di sostenibilità che coinvolga tutti i cittadini e incida realmente sulla società?

La sostenibilità ha diverse curvature: più o meno tutti pensano al cambiamento climatico, al risparmio energetico, alle politiche di riciclaggio dei rifiuti. Ma c’è anche una sostenibilità economica e sociale (che prevede forme di avanzamento e di sviluppo a livello mondiale); e c’è una sostenibilità delle lingue (ne parla nel libro Claudio Marazzini, presidente onorario dell’Accademia della Crusca). Volendo trovare un minimo comune denominatore possiamo riassumere con tre rapide pennellate che cosa si intende per sostenibilità: sfruttamento equilibrato delle risorse, crescita della qualità della vita, sviluppo, senza compromettere la capacità delle generazioni future di far fronte ai propri bisogni

Le informazioni sullo “sviluppo sostenibile” sono veicolate con una lingua oscura, farcita di tecnicismi superflui, di anglismi incomprensibili ai più. È una lingua respingente, monocorde, autoreferenziale. Invece – proprio perché chiediamo l’aiuto di tutti ed è necessario che tutti capiscano per essere spontaneamente disponibili – occorre una lingua elastica, che tiene conto delle diversità sociolinguistiche del pubblico differenziato a cui è rivolta, che è di volta in volta tarata per i bambini, per gli adulti che si fermano alla scuola media (secondo l’ISTAT nel 2020 sono il 50% in Italia considerando la popolazione al di sopra dei 15 anni), per quelli che hanno un diploma di scuola superiore (il 32%), per gli addetti ai lavori (scienziati, ma anche imprenditori, agricoltori, commercianti, e mi fermo qui per non citare praticamente tutte le professioni e i saperi umani). 

È importante che le informazioni siano chiare per chi ha un grado di istruzione basso, ma d’altra parte un’informazione tarata su questo pubblico non può soddisfare quelli che hanno specifiche competenze. Occorre differenziare i contenuti in funzione della varietà linguistica più adatta.; per farlo ci sono strumenti scientifici: esiste una cassetta degli attrezzi che i linguisti usano quando si misurano con questi problemi.

La maggior parte del lessico legato alla sostenibilità è estremamente tecnico: va spiegato in un glossario centralizzato consultabile dal web, realizzato con il concorso di esperti e linguisti, in cui si spieghino i termini tecnici, e si diano i traducenti italiani, più accessibili a tutti. Affianchiamoli pure ai termini inglesi, per favorire la comunicazione globale, ma la sostenibilità è di necessità plurilingue e multilingue, perché deve penetrare tutte le culture del mondo, e farlo in modo profondo e toccando le sensibilità più nascoste.

Quando si pensa a un prodotto editoriale e di comunicazione, in generale, ci si rivolge a un pubblico preciso. L’ebook ha un carattere divulgativo, ma qual è la platea che necessita di essere maggiormente sensibilizzata su questi temi?

Credo che tutti abbiamo bisogno di essere sensibilizzati su questi temi. In un’era in cui la frattura tra mondo tecnico-scientifico e mondo umanistico (dove sono collocati solitamente i linguisti, anche se in realtà spesso frequentano zone franche) si fa sempre più ampia, in una società tecnocratica condizionata dall’iperfetazione del controllo dei processi, mi pare opportuno che ci si fermi a riflettere sul fatto che la lingua che si usa, in ogni circostanza (ma soprattutto in questa visto che è in gioco il futuro dell’umanità), non va data per scontata. Il rapporto con la lingua è come quello che si ha con il proprio compagno della vita: va curato, sostenuto, costantemente alimentato. La lingua va amata, perché è lo strumento con cui le persone pensano prima di comunicare, e questo li mette in condizione di essere liberi, e di salvare il pianeta e i propri figli.

 


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