L’utile e la bellezza dell’acqua: Firenze Capitale e il suo acquedotto

Il Dipartimento di Architettura gioca un ruolo da protagonista nello studio e nella riscoperta di strutture importanti dell’acquedotto ottocentesco di cui la città si dotò negli anni immediatamente successivi all’acquisizione dello status di capitale d’Italia. Le ricerche attuali sono la base di un intervento di recupero promosso da Publiacqua e Comune di Firenze.
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Serbatoio della Carraia (interno)

Il trasferimento della capitale del Regno d’Italia da Torino a Firenze (1865-1870) accelera un processo di rinnovamento teso a trasformare profondamente la nostra città. Rivestono un ruolo importante in questo contesto le vicende costruttive dell’acquedotto ottocentesco, un episodio rimasto ai margini della storiografia, ma di grande importanza a livello architettonico, urbano e ingegneristico, tanto che alcune delle strutture realizzate in quella occasione sono ancora in uso e fanno parte della rete idrica attuale.

Il Dipartimento di Architettura, in base ad un accordo quadro stipulato nel 2020 con Publiacqua, gioca un ruolo da protagonista nell’attività di ricerca e valorizzazione degli acquedotti storici.

Il tema “acqua” si ripropone a Firenze a metà del XIX secolo, quando si incrementano gli studi relativi alla qualità delle acque sorgive e del fiume Arno al fine di aggiornare e potenziare i sistemi di adduzione. Si assiste al fiorire di accesi dibattiti – che si sviluppano nell’ambito dell’élite cittadina  e  soprattutto dell’Accademia dei Georgofili – su come risolvere definitivamente la questione dell’approvvigionamento idrico della città, che rimaneva, nonostante l’acquedotto mediceo (secc. XVI-XVII, con aggiornamenti nel corso del XVIII sec), ancora largamente dipendente dai pozzi urbani. Al centro della riflessione scientifica e politico-amministrativa vengono portate le più avanzate esperienze europee come Londra, Parigi, Francoforte.

Il 30 maggio 1871 la Commissione Speciale, istituita dal Consiglio Comunale di Firenze, esprime parere favorevole nei confronti del progetto degli ingegneri Raffaele Canevari (1828-1900), tecnico di particolare competenza in questo settore, e Luigi Del Sarto (1812-1882), direttore dell’Ufficio d’Arte del Comune. Il 10 ottobre di quello stesso anno l’amministrazione approvava la realizzazione del nuovo acquedotto ed avviava la procedura di assegnazione dei lavori alle ditte. L’impianto consisteva in una serie di gallerie filtranti per la raccolta delle acque sotterranee destinate ai nuovi serbatoi della Carraia e del Pellegrino (e della rinnovata struttura della Querce), successivamente canalizzate e distribuite nella rete cittadina.

La centrale di sollevamento del nuovo acquedotto era situata presso la Pescaia di San Niccolò, in prossimità dell’attuale piazza Poggi, ed era stata concepita per convogliare le acque raccolte dalle

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Complesso della Carraia, fronte monumentale della grotta-ninfeo

gallerie filtranti nei serbatoi di accumulo sopra richiamati attraverso quattro grandi pompe azionate da due turbine, quest’ultime messe in movimento dall’acqua del fiume e, nei mesi estivi, da due macchine a vapore. I lavori per la costruzione dello stabilimento partono nel 1873 e si concludono tre anni dopo, quando il Comune di Firenze dà anche il via alla costruzione di due serbatoi per la raccolta delle acque, con le rispettive strade di accesso, in aree periferiche della città e ad una quota altimetrica compresa tra i 30m e i 35m. Il serbatoio meridionale della Carraia è situato nella via Erta Canina (in un’area da sempre ricca di sorgenti, caratterizzate però da un’estrema variabilità stagionale), in prossimità della chiesa di San Leonardo ad Arcetri, ed è costituito da due  vasti ambienti interrati dalla capienza di 13.000 metri cubi d’acqua e dal fabbricato di servizio, qualificato da una facies neo-rinascimentale. La parte infrastrutturale del complesso è arricchita da un monumentale ninfeo che si affacciava su un giardino formale, a costituire una monumentale quinta neo-manierista, intessendo rimandi puntuali alla fermentante cultura del giardino italiano cinque-seicentesco. Il serbatoio del Pellegrino, invece, con una capacità di 18.000 mc, è posto tra via Bolognese e via Bruni, nelle vicinanze della chiesa di Santa Maria del Suffragio. Contestualmente, viene ampliata la conserva della Querce, già parte dell’infrastruttura idrica del secondo Cinquecento.

Questi temi sono affrontati nel volume di Alessio Caporali (docente del DIDA) Acqua, cultura tecnica e sviluppo urbano. Raffaele Canevari, Luigi del Sarto e il nuovo acquedotto di Firenze (1871-1877), redatto nell’ambito dell’accordo di ricerca con Publiacqua e uscito nella collana “I Volumi della Qualità”, Publiacqua-Polistampa (maggio 2021). Il testo è stato recentemente presentato a Firenze insieme ad una mostra fotografica dedicata ai serbatoi di Carraia e del Pellegrino a cura di Davide Virdis. Nell’ambito di questo progetto è stato realizzato anche un accurato video da parte dal Laboratorio Multimediale di Ateneo.

E proprio a partire dalle ricerche dell’Ateneo nel giugno 2021, Publiacqua ha donato al Comune di Firenze un cospicuo finanziamento, tramite l’Art Bonus, per il restauro del Giardino della Carraia. Le ricerche condotte dal DIDA rappresentano dunque una base di conoscenza di grande rilievo per il progetto di recupero del sito, curato dall’Ufficio Tecnico del Comune di Firenze. Questo progetto è il primo di una serie di azioni che vede Publiacqua impegnata nella promozione e nel finanziamento di attività di ricerca e di valorizzazione degli acquedotti storici, con la consulenza scientifica del Dipartimento, a segnare una fattiva testimonianza del ruolo dell’Università, vettore fondamentale di conoscenza e di sensibilizzazione nei confronti della conservazione del nostro articolato e complesso patrimonio architettonico.


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