Una delle principali sfide della ricerca sulla malattia di Alzheimer, che – come è noto – le attuali terapie riescono a rallentare ma non a curare, è la caratterizzazione dei fattori di rischio genetico per individuare i processi fisiopatologici in gioco e proporre nuovi bersagli terapeutici.
Benedetta Nacmias e Sandro Sorbi, docenti di Neurologia dell’Ateneo fiorentino, hanno partecipato allo studio del genoma relativo al più grande gruppo di malati di Alzheimer analizzato finora. La ricerca, pubblicata su Nature Genetics e guidata dall’ Université de Lille – INSERM, ha individuato 75 regioni del genoma associate alla patologia, 42 delle quali nuove, cioè mai implicate in precedenza in questa malattia.
Il lavoro ha coinvolto ricercatori di Europa, Stati Uniti e Australia che hanno studiato i dati genetici di 111.326 persone a cui era stata diagnosticata la malattia di Alzheimer o avevano parenti stretti affetti dalla patologia, paragonandoli con 677.663 campioni di controllo, cioè persone sane.
“Anche l’Ateneo fiorentino, che fa parte del consorzio European Alzheimer & Dementia BioBank (EADB), ha partecipato a questa ricerca mondiale – ha affermato Nacmias -, fornendo campioni biologici (DNA estratto dal sangue) per contribuire a comprendere meglio l’origine della malattia che nella maggior parte dei casi si ritiene causata dall’interazione di diversi fattori di predisposizione genetica con fattori ambientali”.