Quando il Covid si prolunga

Individuate alcune molecole come possibili marcatori del decorso della malattia. Ricerca pubblicata su Plos Pathogens in collaborazione con USL Toscana Centro
Archivio fotografico 123rf.com - Riproduzione riservata
Archivio fotografico 123rf.com - Riproduzione riservata

La casistica medica e clinica di questi anni di pandemia ha portato all’attenzione di medici e scienziati vari esempi di prolungamento del Covid-19, alcuni dei quali caratterizzati da determinati disturbi e denominati con il termine “Long Covid”.

Ma come capire da un punto di vista biochimico e non solo sintomatico se il decorso della malattia si allunga oltre i tempi medi di negativizzazione dei pazienti?

Una possibile risposta viene da uno studio pubblicato su Plos Pathogens, a cura di USL Toscana Centro e Università di Firenze, e realizzato con il finanziamento della Regione Toscana (Bando Ricerca COVID 19). La ricerca ha utilizzato la spettroscopia di risonanza magnetica nucleare (RMN) per caratterizzare più a fondo le basi molecolari della patologia e individuare possibili marcatori del decorso della malattia [“Profiling metabolites and lipoproteins in COMETA, an Italian cohort of COVID-19 patients” Doi: https://doi.org/10.1371/journal.ppat.1010443 ].

Il lavoro scientifico è stato, infatti, realizzato analizzando attraverso RMN il plasma di quasi 250 pazienti affetti da Covid (luglio 2020 – aprile 2021) e ricoverati presso varie strutture di USL Toscana Centro. È emerso che l’infezione provoca alterazioni significative sia a livello di metaboliti, piccole molecole organiche prodotte dal metabolismo (che è l’insieme dei processi biochimici ed energetici che si svolgono negli organismi viventi), sia a livello di lipoproteine, proteine coniugate a grassi come il colesterolo e i trigliceridi. Si è appurato che l’entità delle alterazioni dei livelli di queste molecole è correlata con la gravità della malattia e che i valori tornano alla normalità dopo circa 6 mesi dalla negativizzazione.

Lo studio nasce da una collaborazione tra il gruppo di Giancarlo Landini, dell’Ospedale di Santa Maria Nuova, e il team di ricerca del Centro di Risonanze Magnetiche (CERM) dell’Università di Firenze, guidato da Paola Turano, professoressa di Chimica generale e inorganica presso l’Ateneo fiorentino.

“La scoperta più significativa, derivante dalla rivalutazione dei soggetti a vari tempi durante il decorso della malattia – spiega Paola Turano – è che la velocità con la quale i metaboliti e le lipoproteine ritornano alla normalità è molto diversa: molto più veloce per i metaboliti, mentre le lipoproteine risultano ancora alterate in soggetti valutati in un intervallo temporale che va da 22 a 139 giorni dopo aver contratto la malattia”.

Avere individuato le molecole più caratteristiche della patologia potrebbe servire, con future ricerche, a stabilire correlazioni fra le specificità dei pazienti e la loro suscettibilità all’infezione, in un approccio di medicina personalizzata. “Alcuni metaboliti – dettaglia Turano – potrebbero essere utilizzati come marcatori del decorso della malattia o della risposta del malato all’eventuale terapia, proprio perché tali molecole ritornano verso la normalità velocemente, anche prima della negativizzazione. Cosa che non vale per le lipoproteine”.


COPYRIGHT: © 2017 UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI FIRENZE.
Eccetto dove diversamente specificato, i contenuti di questo post sono rilasciati sotto Licenza Creative Commons Attribution ShareAlike 4.0 International (CC BY-SA 4.0).

Written By
More from Duccio Di Bari

Le “unità di crisi” di cuore, fegato e reni

Un team di ricerca Unifi-Meyer ricostruisce sulla base di una serie di...
Leggi di più