Non si ferma alla genetica l’interesse scientifico per il Dna. Oltre a veicolare le informazioni essenziali sugli organismi viventi, questa macromolecola ha una particolare rilevanza per il mondo della chimica e della fisica.
Il grado di flessibilità, la quantità di carica e la sequenza genetica sono delle proprietà che consentono agli scienziati della materia di poter lavorare a nuove combinazioni e configurazioni di particelle. In particolare, la creazione di catene di DNA che presentano alle estremità sequenze complementari è stata sfruttata con successo dagli scienziati per assemblare in modo guidato nanotecnologie e materiali.
In questo filone si inserisce il contributo di uno studio internazionale coordinato dal Dipartimento di Chimica dell’Ateneo e pubblicato in un articolo della rivista “ACS Nano” dal titolo Blunt-end driven re-entrant ordering in quasi two-dimensional dispersions of spherical DNA brushes DOI: 10.1021/acsnano.1c07799
Da una recente collaborazione fra il gruppo sperimentale guidato da Marco Laurati del Dipartimento di Chimica “Ugo Schiff”, il Consorzio per lo Sviluppo dei sistemi a Grande Interfase dell’Ateneo fiorentino, e la Facoltà di Fisica dell’Università di Vienna, è stato possibile esplorare una via alternativa che, grazie alle interazioni specifiche fra terminali di catene a doppia elica, si è rivelata più agevole ai fini della manipolazione delle strutture assemblabili grazie al DNA.
Per capire le potenzialità di questo nuovo approccio sono stati realizzati a Firenze esperimenti di microscopia ottica e tracciamento di particelle. L’attività svolta in laboratorio ha portato a caratterizzare le strutture formate da dispersioni di particelle colloidali – sfere di dimensioni molto piccole di polistirene – ricoprendole con circa 100mila catene di DNA sintetico a doppia elica e confinate su un piano.
Contrariamente a particelle colloidali rigide non ricoperte da DNA, che in maniera graduale vanno a formare una struttura cristallina (ordinata), quelle ricoperte da DNA assumono un comportamento inaspettato all’aumentare della concentrazione di particelle: all’inizio si comprimono, riducendo il loro diametro, poi, con l’aumentare della concentrazione, formano catene e strutture aggregate (tipo cluster) e, solo dopo un’ulteriore riduzione del diametro, si ordinano in una struttura cristallina.
“La variazione delle dimensioni delle particelle osservata sperimentalmente – spiega Laurati – corrisponde alla prima verifica di calcoli teorici realizzati presso l’Università di Vienna, che attribuiscono questo effetto alle prime cariche elettriche agli ioni presenti nel rivestimento di DNA”.
“Il risultato più promettente a livello applicativo è la formazione di strutture inusuali quali catene e aggregati di particelle, la cui origine è da individuare nelle interazioni attrattive fra le terminazioni “blunt-end” del DNA. Con “blunt-end” si intende una terminazione del DNA in cui tutte le basi delle due catene sono accoppiate. A distanze sufficientemente piccole le basi che formano la terminazione possono sperimentare l’attrazione di basi complementari di altre catene di DNA. L’intensità di queste interazioni – aggiunge Laurati – può essere controllata attraverso l’aggiunta di sale monovalente, ma anche attraverso il numero di catene di DNA che formano il rivestimento, la temperatura e la valenza del sale usato”.
Controllare in modo accurato queste interazioni offre agli scienziati della materia un meccanismo flessibile per assemblare strutture colloidali con geometrie e simmetrie desiderate, che presentano proprietà ottiche e di risposta superficiale a radiazioni elettromagnetiche innovative.