Dichiarazioni sul fine vita tra libertà e limiti. Oltre la legge?

Tornano gli incontri con la città, con l'intervento di Antonio Gorgoni che si svolgerà domenica 6 ottobre al Salone Brunelleschi dell'Istituto degli Innocenti.
Archivio fotografico 123rf.com - Riproduzione riservata Firenze foto per art fine vita
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Il diritto di autodeterminarsi con riguardo ai trattamenti sanitari ha un fondamento nella Costituzione. Se un paziente non fosse libero di rifiutare qualsiasi trattamento sanitario, compresa l’alimentazione e l’idratazione artificiale, verrebbe violata la libertà personale e lesa la dignità.

Il legislatore ha preso atto che l’autodeterminazione debba valere soprattutto nella fase del fine vita. Non solo, quindi, per giustificare l’attività operatoria e terapeutica del medico, ma anche per assumere decisioni che conducano alla morte.

La legge n. 2019/2017 ha disciplinato le disposizioni anticipate di trattamento e la pianificazione condivisa della cure. Si tratta di due fattispecie diverse. Nella prima, un soggetto in piena salute formalizza, nei modi previsti dalla legge, le proprie determinazioni qualora dovesse essere colto da un evento gravemente invalidante, tale da rendergli impossibile la comunicazione con il medico. Nella seconda, invece, un soggetto già malato con prognosi infausta, tale da precludergli in un prossimo futuro ogni capacità di comunicare, concorda con il medico i trattamenti.

In entrambi i casi la volontà espressa dal paziente deve essere rispettata. Ma con quali limiti?

La legge ha accolto l’idea di una protezione non assoluta della vita. Tant’è che la volontà della persona di far sì che la malattia progredisca secondo il suo corso naturale prevale su una medicalizzazione esasperata del corpo.

Il diritto scritto si ferma qui. Ma come si affronta il caso in cui una persona estremamente sofferente chieda al medico di aiutarlo a togliersi la vita? Di recente, l’art. 579 del codice penale, che punisce l’omicidio del consenziente, è stato posto in discussione dalla Corte costituzionale che ha aperto all’aiuto al suicidio.

E da ultimo: l’evoluzione dell’ordinamento giuridico consentirebbe l’introduzione dell’eutanasia?

Un intervento del legislatore appare necessario per consolidare le recenti aperture, le quali – ci chiediamo – possono spingersi fino ad ammettere l’eutanasia?


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