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5 marzo 20215 marzo 2021

La fisica nucleare: uno strumento per investigare il passato

Scopriamo le applicazioni nel campo del restauro delle opere d'arte e dell'archeologia. Ne parla Lorenzo Giuntini nell'ambito degli "Incontri con la città".

Negli ultimi decenni, le tecniche diagnostiche per lo studio del patrimonio culturale hanno avuto un impressionante sviluppo, conseguenza di una domanda sempre crescente di supporto scientifico da parte di studiosi e operatori nel campo dei beni culturali, quali ad esempio storici dell’arte, archeologi, restauratori e curatori di musei.

Fra le tecniche diagnostiche, quelle figlie della fisica nucleare sono ormai consolidate, la loro importanza è indiscussa e hanno un ruolo di primo piano nelle analisi dei materiali dei reperti archeologici, degli oggetti di interesse storico-artistico e delle opere d’arte.

Tra le tecniche più note che originano dalla fisica nucleare, ci sono quelle che si basano sull’uso di fasci di particelle cariche (o ioni) prodotte da acceleratori, dette tecniche di analisi con fasci di ioni o IBA, dall’acronimo delle parole inglesi Ion Beam Analysis. In una misura IBA, il fascio di particelle cariche – tipicamente protoni – arriva sull’oggetto da analizzare con velocità molto elevate. L’interazione delle particelle del fascio con gli atomi e i nuclei del materiale fa sì che il bersaglio emetta radiazione. Questa radiazione ha energie caratteristiche degli atomi (luce visibile e raggi X) o dei nuclei (particelle e raggi g ) che la emettono. Dall’analisi della radiazione emessa, è possibile ricostruire la composizione del bersaglio.

Le tecniche IBA hanno avuto grande diffusione e sono molto apprezzate per l’analisi dei beni culturali perché l’analisi può essere fatta in atmosfera, estraendo il fascio dai canali dell’acceleratore, dove il fascio si muove in alto vuoto. Questo ha come conseguenza che è possibile analizzare in atmosfera oggetti anche di grandi dimensioni, che non entrerebbero in una normale camera a vuoto, ed evitare i danni che un’opera d’arte fragile e delicata potrebbe subire se messa in vuoto. Le tecniche IBA non richiedono prelievi o preparazioni dell’opera da studiare e, data la loro grande sensibilità, è possibile usare fasci di intensità estremamente deboli. Come conseguenza di tutto ciò, le tecniche IBA sono davvero non invasive e non distruttive, le analisi durano poco tempo, consentono la rivelazione simultanea di quasi tutti gli elementi e sono al contempo qualitative (dicono quali elementi sono presenti) e quantitative (specificano le quantità degli elementi.

La conoscenza della composizione dei materiali di un’opera d’arte può essere utile per conoscere le tecniche specifiche impiegate da un artista; fare datazioni indirette, attribuzioni, autenticazioni o scoprire falsi; ricostruire le tecnologie del passato; scoprire o verificare le antiche vie di approvvigionamento dei materiali; scoprire o controllare i processi di degrado; indirizzare la scelta delle tecniche e dei materiali di restauro compatibili con l’opera; suggerire condizioni di conservazione che evitino danni.

Al LABEC, il laboratorio congiunto dell’Università di Firenze e di INFN-CHNet, la rete dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare per i beni culturali, abbiamo fatto analisi IBA su molti tipi di oggetti di interesse del patrimonio culturale, quali manufatti metallici, ceramici, in pietre dure, in vetro, pasta vitrea, inchiostri, miniature di manoscritti, documenti storici, dipinti su tavola e tele di grandi maestri, quali Leonardo da Vinci, Antonello da Messina, Vasari, e Mantegna.


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