La coesione e l’efficienza delle colonie delle api da miele è uno spettacolo che da sempre meraviglia gli osservatori. Gli studiosi sanno, ormai da alcune decine di anni, che ogni alveare ha un segreto: i feromoni, messaggeri chimici utilizzati nel regno animale per comunicare tra simili. Molecole, o meglio composti chimici solitamente volatili rilasciati nell’ambiente, capaci di innescare risposte riflesse o addirittura cambiamenti fisiologici a lungo termine. L’Apis mellifera ne produce più di 30 tipi ed è proprio con i feromoni che l’ape regina governa il suo alveare.
Uno studio internazionale pubblicato su Communications Biology, il cui primo firmatario è il ricercatore dell’Ateneo fiorentino David Baracchi, getta ora nuova luce sui feromoni, a sessant’anni dalla loro scoperta. Secondo la ricerca, queste molecole non assolvono solo alla funzione della comunicazione, ma sono in grado di cambiare la capacità delle api di apprendere e formare ricordi: agiscono, cioè, direttamente sull’apprendimento e sulla memoria, anche quando si sono completamente volatilizzati e spariscono dall’ambiente [“Pheromone components affect motivation and induce persistent modulation of associative learning and memory in honeybees” https://doi.org/10.1038/s42003-020-01183-x ].
“Ci siamo chiesti – spiega David Baracchi del dipartimento fiorentino di Biologia – se una precedente esposizione ad alcuni feromoni sia in grado di indurre un successivo e persistente cambiamento motivazionale che influenzi il modo in cui gli animali imparano e memorizzano quando i feromoni non sono più presenti nell’ambiente”.
I ricercatori del team – composto, oltre a Unifi, dagli atenei di Tolosa, Trento e Parigi, dall’Institut Universitaire de France e dalla Fujian Agriculture and Forestry University – hanno esposto le api a due diversi tipi di feromoni: uno (2-eptanone), che segnala una situazione di avversione, e l’altro (geraniolo), che attrae gli insetti verso siti di interesse, come i fiori. Gli studiosi, usando tecniche etologiche, neurofarmacologiche e di neuro-imaging, hanno dimostrato che i feromoni influiscono sull’apprendimento e la formazione della memoria in un modo coerente con la valenza (attrazione o deterrenza) del feromone percepito.
“Lo studio – conclude Baracchi – suggerisce che limitare la funzione dei feromoni a semplici «messaggeri chimici» è riduttivo, la definizione dovrebbe incorporare la capacità di queste sostanze di agire come modulatori di processi motivazionali e cognitivi”.