Un nuovo farmaco contro la policitemia vera

Uno studio condotto dal Dipartimento di Medicina Sperimentale e Clinica e pubblicato su New England Journal of Medicine Evidence esamina l’efficacia del ropeg-interferone sui pazienti più giovani con malattia a basso rischio
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La battaglia contro la policitemia vera potrebbe in futuro avvalersi di un nuovo alleato. Sono incoraggianti i risultati dello studio clinico LOW-PV condotto dal Dipartimento di Medicina Sperimentale e Clinica (DMSC) e rivolto ai pazienti più giovani con malattia a basso rischio.

La ricerca – promossa dalla Fondazione Ricerca Ospedale di Bergamo e condotta sotto l’egida del gruppo di ricerca MINERVA – è stata finanziata dalla Fondazione AIRC per la ricerca sul cancro e pubblicata su New England Journal of Medicine Evidence (DOI: 10.1056/EVIDoa2200335). Sotto la supervisione di Alessandro Maria Vannucchi, ordinario di ematologia, lo studio si è avvalso anche della partecipazione di Paola Guglielmelli (associato di ematologia), Giuseppe Gaetano Loscocco, Carmela Mannarelli e Francesca Gesullo (assegnisti di ricerca), tutti afferenti al DMSC e al Centro Ricerca e Innovazione delle Malattie Mieloproliferative dell’Azienda ospedaliera universitaria Careggi.

LOW-PV si è concentrato sull’ipotesi che un nuovo farmaco, il ropeg-interferone, possa influenzare favorevolmente il decorso naturale della malattia nei giovani.

“La policitemia vera – spiega Vannucchi – è un tumore ematologico che colpisce le cellule staminali emopoietiche: si manifesta con un aumento del numero delle cellule circolanti nel sangue, in particolare dei globuli rossi, e comporta un rischio elevato di eventi trombotici anche fatali e sintomi molto fastidiosi. I farmaci attualmente disponibili – continua – contribuiscono a ridurre il rischio delle trombosi e a migliorare i sintomi, ma non hanno un impatto sull’evoluzione della malattia, e vengono utilizzati preferenzialmente nei soggetti più anziani o con malattia molto sintomatica”.

Il farmaco è risultato ben tollerato dai pazienti, con rari eventi avversi di rilievo, e si dimostra più efficace della terapia convenzionale nel normalizzare i parametri del sangue e ridurre i sintomi tipici della malattia, con un effetto positivo globale sulla qualità di vita dei giovani pazienti. “Nessuno dei pazienti trattati con il farmaco sperimentale – aggiunge Vannucchi – ha mostrato eventi trombotici o progressione di malattia, rispetto al 13% dei pazienti del braccio di controllo, suggerendo la potenzialità del farmaco di influenzare favorevolmente il decorso della malattia riducendo le complicanze”.

Inoltre, le analisi molecolari svolte dai ricercatori fiorentini hanno dimostrato che il ropeg-interferone determina una progressiva riduzione della percentuale di cellule che esprimono la mutazione del gene JAK2 che è alla base della malattia.

“I farmaci attuali – conclude Vannucchi – non vengono utilizzati nei soggetti più giovani, trattati invece in maniera conservativa solo con salassi. Se i risultati venissero confermati su un più ampio numero di casi e con più lungo periodo di osservazione, potrebbero  suggerire un potenziale cambiamento nella cura della policitemia vera in soggetti più giovani con malattia iniziale al fine di prevenire la progressione della malattia”.


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