Evoluzione del paesaggio, la morfologia del fiume Paglia

Uno studio del Dipartimento di Scienze della Terra, pubblicato sulla rivista Catena, ha ricostruito la fisionomia del corso d'acqua e l'età dei terrazzi fluviali, indagando sui sedimenti contaminati dall'attività estrattiva del monte Amiata
Fiume Paglia

Una ricerca che ha permesso di risalire ai diversi livelli di concentrazione di mercurio lungo il fiume Paglia, il principale affluente del Tevere, e di stimare le masse di questo metallo contenute nei terrazzi fluviali. A realizzarla un team del Dipartimento di Scienze della Terra, coordinato da Pilario Costagliola, che sta indagando i sedimenti presenti in questi due corsi d’acqua, tra la Toscana e l’Umbria, contaminati dall’attività estrattiva e di lavorazione del mercurio che ha avuto luogo sul monte Amiata tra la fine del diciannovesimo secolo e i primi anni Ottanta del secolo scorso.

Sulla rivista scientifica Catena (https://doi.org/10.1016/j.catena.2018.08.043) è stato pubblicato, atto più recente dello studio pluriennale, il risultato di una tesi di dottorato sviluppata da Antonella Colica sotto la supervisione di Marco Benvenuti e Massimo Rinaldi. Il lavoro ricostruisce la dinamica morfologica del Paglia attraverso lo studio dell’evoluzione del paesaggio dal 1883 fino a oggi.

Attingendo alla documentazione cartografica, principalmente a mappe e a foto aeree, e svolgendo adeguati rilievi sul campo – spiega Costagliola – siamo riusciti a ricostruire la fisionomia del corso d’acqua, stabilendo l’età delle morfologie fluviali. Il dato storico, relativo all’attività di estrazione e di lavorazione del mercurio, combinato con l’analisi geomorfologica della dinamica fluviale e le informazioni geochimiche ha consentito “di stabilire la distribuzione del mercurio lungo i primi quarantatre chilometri del Paglia, e di stimare le masse in gioco coinvolte lungo il corso d’acqua: complessivamente i sedimenti in questo tratto sono interessati da almeno sessanta tonnellate di questo metallo”.

L’attività mineraria ad Abbadia San Salvatore è ferma oramai da oltre trent’anni e vi sono stati, o sono in corso, interventi di bonifica parziale “ma le piene determinano un continuo rimescolamento dei sedimenti precedentemente contaminati, che finisce per interessare ogni volta aree diverse. In queste condizioni – aggiunge Costagliola – è impossibile pensare ad una bonifica, dato che coinvolgerebbe una superficie di dimensioni straordinarie con costi probabilmente insostenibili. Dobbiamo quindi imparare a convivere con questa anomalia, adottando delle misure di contenimento per limitarne la diffusione”.

Il team di ricerca fiorentino ha anche eseguito uno studio approfondito sull’impatto del mercurio nella biosfera. In base ai dati che sono stati raccolti, come spiega la ricercatrice Valentina Rimondi, “il mercurio appare essere, fortunatamente, poco biodisponibile, ma alcuni comuni interessati dal Paglia hanno vietato la pesca, dal momento che un’apprezzabile quantità di metallo può essere rilevata nel tessuto muscolare dei pesci”. Per i ricercatori fiorentini il passo successivo sarà quantificare il flusso di mercurio verso il mar Tirreno. “I primi dati – sottolinea Rimondi – indicano che il flusso di mercurio che entra in Umbria dalla Toscana è di circa undici chilogrammi l’anno”.

 

 

 

 

 


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