E’ una misteriosa e fragile piantina. Priva di clorofilla, vive per lo più sottoterra alle spese di alcuni funghi nella foresta pluviale tropicale, da cui trae le sostanze nutritive. La Thismia neptunis fu scoperta per la prima volta 150 anni fa in Malesia dal naturalista e botanico fiorentino Odoardo Beccari (1843-1920) che ne portò un esemplare a Firenze, dove è ancora conservato nella sezione di Botanica del Museo di Storia Naturale dell’Ateneo, unica testimonianza fino ad oggi di questa specie.

La singolare pianta, simile ad altre presenti nel mondo e chiamate “lanterne delle fate”, è tornata all’attenzione del mondo scientifico perché rintracciata di nuovo nel 2017, dopo un secolo e mezzo, da un team di ricercatori della Repubblica Ceca in spedizione nel Borneo, praticamente negli stessi luoghi visitati dal naturalista toscano. Ne dà notizia una recente pubblicazione su “Phytotaxa” [Sochor M. et al. “Rediscovery of Thismia neptunis (Thismiaceae) after 151 years”], oggetto anche dell’interesse di numerosi media italiani. Nel lavoro gli studiosi esaltano le capacità investigative di Beccari e i fondamentali contributi alla conoscenza della flora del sud-est asiatico forniti dal naturalista fiorentino, che fra l’altro aveva riprodotto la Thismia neptunis in una bellissima tavola, pubblicata insieme alle sue ricerche sulla rivista “Malesia” nel 1878.
Beccari decise giovanissimo di esplorare le regioni sconosciute del Borneo insieme al marchese genovese Giacomo Doria e con il sostegno del Raja del Sarawak, Sir James Brooke, conosciuto a Londra dove l’avventuroso studioso si era recato per studiare gli erbari di Kew e del British Museum, in previsione del suo viaggio in Malesia, realizzato dal 1865 al 1868.

“Nel Borneo – spiega Chiara Nepi, responsabile della sezione di Botanica del Museo di Storia Naturale dell’Ateneo fiorentino – nell’aprile del 1866, sulle pendici del Monte Mattang nel Sarawak, Beccari scopre la fragile Thismia, oggi conservata nel nostro Erbario della Malesia”. Così, lo stesso Beccari tanti anni dopo ricorda quel momento nel suo volume “Nelle foreste di Borneo” pubblicato nel 1902: “…e diverse forme nuove di gracili e trasparenti Thismia…interessantissime per il botanico, sono state la ricompensa delle mie pazienti ricerche, dove la selva era più densa, l’ombra più fitta, il terriccio più ricco”.
“Nell’articolo di Phytotaxa – conclude Nepi – viene anche messo l’accento sulla estrema delicatezza degli ambienti in cui vive questa pianta: quelle foreste tropicali che proprio in Borneo, così come in altre zone di quell’area, sono sempre più minacciate dall’espandersi delle coltivazioni e dello sfruttamento in generale che sicuramente avranno già fatto scomparire tante specie, sia vegetali che animali, prima che l’uomo abbia potuto conoscerle”.