Pubblicato sulla rivista internazionale Art & Perception un articolo sul rapporto tra biologia ed estetica, a cui hanno collaborato Vincenzo Zingaro e Mariagrazia Portera del Dipartimento di Lettere e Filosofia e Leonardo Dapporto del Dipartimento di Biologia, insieme a Giulia Simbula (già assegnista di ricerca presso il Dipartimento di Biologia, ora ricercatrice post-doc presso l’Università di Porto, in Portogallo).
In particolare, l’articolo – dal titolo The Enchanted Gaze: Modification of Butterfly Eyespots in Flemish Art (https://doi.org/10.1163/22134913-bja10060) – punta a indagare l’importanza di particolari caratteristiche fisiche degli animali in relazione alla conservazione della biodiversità, tema a cui gli stessi Portera e Dapporto hanno portato la loro attenzione già nel 2021, utilizzando come modello animale i lepidotteri diurni europei.
Quest’ultimo lavoro applica, per la prima volta, metodologie di ricerca proprie delle scienze biologiche allo studio dell’esperienza estetico-percettiva di opere d’arte visiva. Gli studiosi fiorentini si sono chiesti se nella forma animale “farfalla” ci fossero attrattori “speciali”, cioè caratteristiche dell’aspetto che colpiscono più intensamente l’occhio umano. Per dimostrarlo, hanno analizzato il modo in cui alcuni pittori fiamminghi hanno riprodotto nei loro quadri la farfalla Aglais io, l’unica tra le farfalle diurne europee a possedere quattro ben visibili ocelli (macchie tondeggianti che ricordano occhi). L’obiettivo era individuare che cosa venisse modificato nella rappresentazione pittorica e che cosa invece rimanesse fedele al modello reale.
“Abbiamo messo a confronto 51 immagini di Aglais io reali da collezioni museali – spiegano Portera e Dapporto – con 50 riproduzioni pittoriche, utilizzando per la comparazione la morfometria geometrica, una metodologia d’indagine che consente esplorazioni quantitative e comparazioni formali tra figure complesse grazie all’utilizzo di appositi landmark (punti fissi) in posizioni anatomiche chiave”.
“La morfometria geometrica – proseguono – ha consentito di distinguere il 92% delle Aglais io dipinte rispetto agli esemplari reali. Nelle riproduzioni pittoriche si sono evidenziati pattern ricorrenti, come lo spostamento costante dell’ocello verso il centro dell’ala da parte del pittore – verosimilmente per metterlo ancora più in risalto nell’immagine – e una resa pittorica dell’ocello assai più accurata e dettagliata rispetto a qualsiasi altra parte dell’animale. Forse l’artista, riconoscendo di particolare significatività il dettaglio simile a un occhio umano ed essendone attratto, si è concesso meno libertà di modifica”.
Tale caratteristica morfologica, cioè l’ocello, mostra di essere oggetto di una certa predilezione non solo all’interno di un quadro, ma anche nel mondo reale. “Studi recenti hanno dimostrato che le specie di farfalle dotate di ocelli sono più apprezzate percettivamente – confermano i ricercatori Unifi –; inoltre, alcuni lavori hanno evidenziato come il pubblico generico sia più propenso a investire denaro in donazioni per attività di salvaguardia e tutela di specie di farfalle dotate di ocelli a confronto di specie che non ne sono provviste”.
“L’utilizzo della morfometria geometrica per l’indagine di riproduzioni pittoriche di insetti e altri animali – concludono Portera – può diventare un’opzione metodologica importante per quella che, in anni recenti, è stata chiamata “entomologia culturale”, cioè lo studio del ruolo e rilievo degli insetti nelle produzioni artistico-culturali umane”.
Uno dei primi sviluppi di questa linea di ricerca sarà l’esame, anche attraverso la morfometria, del patrimonio entomologico presente nelle produzioni pittoriche ospitate nei musei fiorentini, a partire anzitutto dagli Uffizi.