E’ una storia che ha dell’incredibile quella raccontata da Luca Bindi, docente di Mineralogia dell’Università di Firenze, scopritore dei quasi cristalli naturali e vincitore del premio Aspen Institute Italia 2018 per la collaborazione e la ricerca scientifica tra Italia e Stati Uniti.
Come lui stesso afferma, esistono diversi “livelli di impossibilità” nella tortuosa strada che lo ha portato alla scoperta del primo quasi cristallo naturale, a dimostrazione che le vie della conoscenza e del sapere non sono scontate e possono riservare incredibili sorprese.
E’ grazie alla curiosità, alla passione, alla perseveranza, ma soprattutto alla competenza dei protagonisti di questo racconto che oggi conosciamo composizioni chimiche che comportano un ripensamento globale dei processi alla base della formazione della nostra galassia e che aprono scenari e prospettive interessanti circa gli ambiti di applicazione di tale scoperta.
A differenza dei cristalli, dotati di strutture in cui gli atomi hanno una disposizione che si ripete regolarmente, i quasi cristalli presentano una disposizione aperiodica, cioè i gruppi atomici si ripetono ad intervalli diversi (si chiamano infatti “quasi cristalli” proprio perché “quasi periodici”).
Sebbene riprodotti in laboratorio già dagli anni ’80 del secolo scorso, la comunità scientifica nutriva forti dubbi circa la stabilità di tali strutture. Molti scienziati pensavano infatti che, essendo sintetizzati in condizioni controllate, non potessero costituire uno stato fondamentale della materia. In altre parole, l’obiezione era la seguente: “se fossero veramente stabili dovrebbero esistere in natura”. Luca Bindi è riuscito a risolvere l’enigma trovando – tra mille ostacoli e nonostante la perplessità della comunità scientifica – il primo quasi cristallo naturale, conservato tra i reperti del Museo di Mineralogia dell’Università di Firenze.
Tanto è stato detto sulla portata rivoluzionaria di questa scoperta – soprattutto relativamente alle implicazioni cosmochimiche dei meccanismi di formazione del nostro sistema solare – ma è importante soffermarsi su come questa ricerca è stata svolta.
Il video spiega cosa sia la ricerca pura attraverso la storia di un docente che “casualmente” consulta la rivista di una disciplina diversa dalla propria e confrontandosi con colleghi di prestigiose università straniere supera non pochi ostacoli per avere risposte e trovare “l’ago nel pagliaio”, per usare le parole dello stesso Bindi.
Un’avventura che ha visto coinvolti ricercatori di diversi paesi e che si conclude con la spedizione di un team italiano-americano-russo nelle lontane terre siberiane: un vero viaggio nell’affascinante mondo della scienza.