Terapie mirate per il trattamento dell’epatocarcinoma

Un sistema di valutazione più accurato per stabilire prognosi e migliori terapie per le persone affette da epatocarcinoma. Lo indica uno studio coordinato dai ricercatori fiorentini.

Uno studio multicentrico, firmato dall’unità di ricerca del Dipartimento di Medicina Sperimentale e Clinica coordinata da Fabio Marra, ha individuato il modello più affidabile e accurato per predire più correttamente la prognosi dei pazienti affetti da epatocarcinoma sottoposti ad un tipo di terapia locoregionale molto utilizzata in questo tumore. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Liver Cancer.

L’epatocarcinoma è il principale tumore primitivo epatico e rappresenta la seconda causa di morte correlata al cancro. Come per le altre tipologie, la definizione della stadiazione, cioè dell’estensione del tumore, gioca un ruolo importante non solo per predire la prognosi del paziente, ma anche per determinare il tipo di trattamento a cui verrà indirizzato.

“Una delle terapie più utilizzate per i pazienti che non possono essere sottoposti a chirurgia o a trapianto di fegato è la chemioembolizzazione transarteriosa (TACE), l’iniezione di microsfere contenenti farmaci chemioterapici in un vaso arterioso che fornisce sangue al tumore – spiega Fabio Marra –. Questo trattamento prolunga la sopravvivenza dei pazienti ed è tanto più efficace quanto più precisa è l’individuazione del miglior candidato a riceverlo”.

Il team di ricercatori si è focalizzato su questo aspetto, compiendo un’analisi retrospettiva sui dati di oltre 1.000 persone affette da epatocarcinoma, presenti nel database del gruppo Italian Liver Cancer (Ita.Li.Ca). La banca dati raccoglie le informazioni riguardanti più di 7mila pazienti gestiti in 24 diversi centri italiani, compreso quello fiorentino, che sullo studio dell’epatocarcinoma è uno dei punti di riferimento internazionali, come documenta anche la collaborazione ad un recente studio pubblicato su Nature.

“Per individuare i candidati ottimali per il trattamento TACE, negli anni sono stati proposti vari ‘punteggi’ prognostici – racconta Claudia Campani, prima firmataria della ricerca -. Nel nostro studio abbiamo confrontato tra di loro quelli disponibili, anche in riferimento ai diversi sistemi di definizione della stadiazione esistenti per l’epatocarcinoma. Per la prima volta poi – prosegue la giovane ricercatrice –, abbiamo utilizzato i parametri noti alla comunità scientifica in un’analisi statistica tempo-dipendente, per valutare in maniera più accurata il vantaggio in termini di sopravvivenza del paziente”.

I ricercatori hanno individuato così che il sistema di valutazione che si basa su valori di albumina, bilirubina, alfa-fetoproteina, numero di noduli tumorali e diametro maggiore del tumore – definito score mHAPIII -, rappresenta quello più accurato per predire la sopravvivenza per i pazienti che vengono sottoposti a TACE.

“I nostri dati – conclude Marra – potranno essere di ausilio al clinico nella selezione dei migliori candidati da sottoporre a tale terapia”.


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