Come l’uomo preistorico si adattò all’ambiente: una ricerca in Africa

Coordinato dal SAGAS, il progetto HUMA esaminerà i siti archeologici degli altopiani etiopi e quelli delle pianure somale.
Scavi in corso nel sito di Beefa Cave
Scavi in corso nel sito di Beefa Cave. Foto @Domenico Lo Vetro

Il tema dell’adattamento dei gruppi umani all’ambiente riveste un grande interesse presso la comunità scientifica, la cui attenzione è stata spesso rivolta a casi di adattamento ad ambienti con condizioni estreme e alle cosiddette “nicchie ecologiche”. Tuttavia, la maggior parte degli studi presuppone che l’adattamento umano sia una semplice risposta a un determinato ambiente e attribuiscono poca attenzione all’eventualità che gruppi abbiano scelto deliberatamente di occupare ambienti estremamente diversi, dall’alta montagna fino alla pianura.

Quale potrebbe essere stata, dunque, la relazione tra insediamenti di alta quota e quelli in pianura nel quadro della gestione del territorio?

A questo interrogativo cercherà di rispondere HUMA (“Human Adaptation To Different Altitudes Through Time And Climatic Change”), progetto inerente al programma HORIZON – Marie Skłodowska-Curie Actions (MSCA) che vedrà come attore principale il Dipartimento di Storia, Archeologia, Geografia, Arte e Spettacolo (SAGAS). Coordinato da Domenico Lo Vetro, è stato ideato da Giuseppina Mutri, ricercatrice assegnataria della fellowship Marie Curie.

HUMA, grazie a un budget di quasi 290mila euro, è il primo progetto che mediante un approccio multidisciplinare e integrato è rivolto a comprendere come i gruppi umani preistorici si adattarono nel tempo ai diversi ambienti e come essi riuscirono a sfruttare un territorio così articolato come quello del Corno d’Africa.

“La ricerca condotta da Unifi si basa sull’integrazione di metodiche avanzate nell’analisi tecno-funzionale delle produzioni in pietra, l’archeologia sperimentale, l’analisi dei residui organici e inorganici su manufatti litici, l’archeobotanica, l’analisi del tartaro dentale e del DNA antico – spiega Lo Vetro –. L’Ateneo contribuirà al progetto con le proprie risorse teoriche, metodologiche e professionali: in particolare, grazie alle specifiche competenze relative allo studio e analisi dei manufatti in pietra, si occuperà dello studio del DNA antico e delle applicazioni di analisi statistica”.

“Concentrandosi sui siti archeologici degli altopiani etiopi e su quelli delle pianure somale – aggiunge il coordinatore – HUMA indaga sul ruolo svolto dal clima nelle attività delle comunità preistoriche e su come i fattori ambientali possano aver indotto specifici adattamenti alle diverse nicchie ecologiche”.

I materiali oggetto di studio provengono da due aree del Corno d’Africa: gli altopiani etiopi, dove si trova il sito di Beefa Cave, e gli altopiani e le pianure somale, dove sono presenti più di 120 siti riferibili alla “Late Stone Age” – rinvenuti e mappati tra gli anni ’30 e gli anni ’50 da Paolo Graziosi, allora titolare della cattedra di Paletnologia presso l’Università di Firenze – i cui reperti sono attualmente conservati presso il Museo e Istituto Fiorentino di Preistoria.

Al progetto HUMA partecipa anche l’Università del Connecticut; per Unifi, accanto al SAGAS, è prevista la collaborazione del Dipartimento di Biologia e del Dipartimento di Scienze per l’Economia e l’Impresa. Prendono parte al progetto il Museo e Istituto Fiorentino di Preistoria.


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