Una farfalla dell’Appennino sentinella dei cambiamenti climatici

Studio coordinato dal Dipartimento di Biologia denuncia il pericolo per le farfalle appenniniche derivante dai cambiamenti climatici, grazie ai dati raccolti con la collaborazione dei cittadini.
Erebia pandrose, foto di Chris van Swaay, membro dellacomunità INaturalist

Una rara farfalla, simbolo e “portabandiera” delle conseguenze dei cambiamenti climatici. È la Erebia pandrose, di cui esiste una sola popolazione della sottospecie endemica degli Appennini. Di questa farfalla, un team internazionale di ricercatori coordinato da Leonardo Dapporto, del Dipartimento di Biologia, ha studiato il DNA mitocondriale e ha potuto valutare insieme le prospettive sui rischi della perdita di biodiversità del territorio. I risultati di questa ricerca, sono stati riportati dalla rivista Insect Conservation and Diversity.

La farfalla è stata rintracciata, dopo circa 40 anni dall’ultima segnalazione, grazie al contributo di cittadini appassionati durante la Butterfly Week del 2019, l’iniziativa ideata dai ricercatori autori dello studio, che coinvolge ricercatori e appassionati nelle azioni di ricerca e di conservazione delle farfalle.

Il ritrovamento ha dato al team la possibilità di analizzare il DNA mitocondriale dell’insetto e di conseguenza quella di tracciare le sue mutazioni, la sua storia e le prospettive di sopravvivenza.

“I cambiamenti climatici sono la causa dello spostamento nella distribuzione territoriale di molte specie, in genere verso luoghi con temperature più basse – racconta Leonardo Dapporto -. Le popolazioni montane sono le più vulnerabili alla minaccia del surriscaldamento, perché c’è un limite allo spostamento altitudinale, corrispondente alle cime più alte. Gli Appennini offrono dei casi di studio importanti a questo riguardo perché ospitano molte popolazioni di farfalle, isolate fra loro e dotate quindi di un’alta specificità genetica, caratteristiche che le rende vulnerabili ai cambiamenti climatici. È questo il caso di Erebia pandrose, che fu registrata per l’ultima volta nel 1977 sulla sommità di un unico massiccio nei Monti della Laga”.

Altamente isolata dalle altre specie, a oltre 400 km da qualsiasi altra popolazione conosciuta, questa specie di farfalla era già allora a forte rischio di estinzione. La popolazione che abbiamo rinvenuto rappresenta una linea genetica unica e molto divergente– spiega il ricercatore – in linea con la descrizione della sottospecie endemica appenninica sevoensis e soffre di un altissimo rischio di estinzione. Infatti, nelle Alpi e negli Appennini, questa specie si è spostata in altitudine più di 3 metri all’anno dalla fine del XIX secolo e fino a 22 all’anno dal 1995”.

I modelli di distribuzione delle specie suggeriscono che queste popolazioni montane subiranno una perdita generalizzata di idoneità climatica, che, secondo le proiezioni dei ricercatori, potrebbe portare all’estinzione della popolazione appenninica in pochi decenni.

“L’Erebia pandrose è per noi una specie bandiera – conclude Dapporto – e ci segnala il rischio di perdere le popolazioni della fauna montana, che custodiscono porzioni uniche di biodiversità, e l’urgenza di azioni che ci permettano di proteggerla”.


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