Le condizioni meteorologiche hanno avuto conseguenze sulla diffusione del Covid-19 durante la prima ondata di contagi? Solo marginalmente e non quanto quelle determinate dal comportamento della popolazione e dalle misure di contenimento messe in atto nei vari Paesi.
È questo il risultato dello studio internazionale coordinato dal Dipartimento di Statistica, informatica, applicazioni ‘G. Parenti’ (Disia), pubblicato su Nature Communications, che ha analizzato una grandissima quantità di dati per rispondere a un interrogativo più volte riproposto in questi mesi di pandemia.
Fin dall’inizio della pandemia ci si è chiesti se le condizioni meteo potessero avere effetti sulla trasmissione del SARS-CoV-2 – spiega Francesco Sera, ricercatore di statistica medica del Disia e coordinatore dello studio – ma i risultati degli studi a disposizione erano contrastanti, tanto da spingerci a un’indagine che tenesse conto anche dei fattori socioeconomici e degli interventi di contenimento adottati nei diversi paesi.
I ricercatori hanno quindi utilizzato un ampio database globale, riferito a 3 milioni di casi di Covid-19 in 409 città di 26 paesi nel mondo, segnalati fino al 31 maggio 2020, per capire l’impatto del meteo nella prima ondata della pandemia. “Abbiamo calcolato il numero di riproduzione (Rt) in ogni città su una finestra temporale di 20 giorni e valutato l’associazione tra il Rt e le condizioni meteorologiche osservate nelle città nello stesso periodo di tempo – racconta il ricercatore -, individuando una modesta associazione, non lineare, tra aumento della temperatura media e variazione del Rt”.
“Quando abbiamo modellato l’associazione tra il Rt le condizioni meteorologiche, abbiamo incluso nel modello la qualità dell’aria, gli interventi del governo e gli indicatori socioeconomici per tenere conto delle differenze tra le città. Incrociando tali dati, abbiamo verificato che vi è stata una modesta diminuzione del Rt, pari allo 0,087, rispetto ad un aumento della temperatura da 10 a 20 gradi ˚C, mentre considerando gli effetti dei primi interventi di contenimento, questi, nello stesso periodo, hanno provocato una riduzione 6 volte maggiore (corrispondente a una riduzione del Rt pari allo 0,285) rispetto a quella causata dai valori della temperatura media”.
“I risultati dello studio indicano chiaramente che il comportamento della popolazione e le misure messe in atto per contrastare l’epidemia sono i fattori più importanti per contenere la trasmissione del virus – conclude Sera -, in futuro, aumentando la percentuale di popolazione immunizzata, è possibile che le condizione metereologiche possano avere un peso maggiore sulla trasmissione del SARS-CoV-2, per questo dovremo approfondire anche il ruolo della copertura vaccinale”.