Coronavirus, in campo la ricerca Unifi

Le attività sviluppate in Ateneo come contributo per affrontare l’emergenza mondiale.
Archivio fotografico 123rf.com - Riproduzione riservata
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Al tempo della pandemia la ricerca universitaria non sta ferma. Sono ben sessantanove le attività e i progetti messi in campo dall’Ateneo sul fronte Coronavirus. Gli studi Unifi sono stati mappati per rispondere alla richiesta del Ministro dell’Università e della Ricerca che ha voluto censire le ricerche e il contributo di tutti gli atenei italiani nell’affrontare l’emergenza. Ne parliamo con il prorettore alla ricerca Marco Bindi.

Quale è lo scopo di questa iniziativa?

Il Ministro Gaetano Manfredi ha voluto raccogliere rapidamente tutti gli studi in corso o in programma nelle università italiane sui vari aspetti dell’emergenza che sta mettendo a dura prova il mondo intero. Lo scopo, come ha scritto in una lettera indirizzata ai rettori, è quello di dare sostanza al contributo che può fornire il mondo accademico con un quadro aggiornato di ciò che è già conosciuto e di tutti gli elementi che, invece, non sono ancora noti e devono essere oggetto di indagine per sviluppare la lotta all’epidemia.

Come si sta muovendo la ricerca Unifi in questo senso?

In modo importante. Lo dicono i numeri: si tratta di una settantina di studi, in corso d’opera o in programmazione, che coinvolgono docenti e ricercatori di sedici fra dipartimenti e centri di ricerca. Ad esempio, sono, coinvolti, come è facile aspettarsi, tutti i dipartimenti dell’area biomedica (Scienze biomediche sperimentali e cliniche; Medicina sperimentale e clinica; Scienze della Salute; Neuroscienze, Psicologia, Area del Farmaco e Salute del Bambino). E, nell’ottica di un’interazione crescente fra ricerca di base e ricerca applicata, grande è l’apporto delle cosiddette “scienze dure”: portano il loro contributo il dipartimento di Chimica, il Centro di Risonanze Magnetiche, il dipartimento di Biologia e il Centro di Bioclimatologia, il dipartimento di Fisica e Astronomia e quello di Statistica, Informatica e Applicazioni.

D’altronde le problematiche sollevate dall’epidemia hanno risvolti che interessano gran parte, se non tutti, i settori.

E quindi, all’insegna dell’interdisciplinarietà, sono della partita anche il dipartimento di Scienze e Tecnologie Agrarie, Alimentari, Ambientali e Forestali, come anche quello di Ingegneria Civile e Ambientale, senza dimenticare, nell’area umanistica e della formazione, i dipartimenti Sagas e Forlilpsi e, nell’area delle Scienze Sociali, i dipartimenti di Scienze Giuridiche, e di Scienze Politiche e Sociali. E questa è, per così dire, solo una fotografia dello stato attuale, visto che il volume della ricerca dell’Ateneo su questi temi potrà ancora crescere.

Quali sono i temi delle ricerche?

Riguardano tutti gli snodi cruciali di questa emergenza mondiale, come la progettazione dei farmaci antivirali, lo sviluppo di test sierologici, i test di efficienza sui materiali usati per le mascherine facciali, le interazioni fra virus, cellula ospite e farmaci. Fra i temi delle ricerche troviamo anche le possibili origini animali della patologia, la localizzazione geografica del morbo, i modelli epidemiologici sulla diffusione del virus e la loro correlazione o meno alle diverse condizioni meteo-climatiche, la variabilità dei ceppi. Come anche i modelli statistici applicati alle previsioni, alla percezione del rischio, all’utilizzo dei dispositivi di protezione personale, all’effetto dei provvedimenti di contenimento adottati dalle autorità. O la lettura di tutti questi fenomeni in chiave psicologica, giuridica e di comunicazione. Sottolineo anche che varie ricerche contano partnership di prim’ordine.

Quale potrebbe essere un obiettivo più generale della ricerca universitaria in questa stagione difficile?

Far capire nei fatti, se ce ne fosse ancora bisogno, il contributo decisivo che l’Università può dare al presente e al futuro del nostro Paese. Colgo quest’occasione anche per ringraziare in modo particolare tutti i nostri docenti e ricercatori dell’area biomedica che stanno combattendo questa battaglia in prima linea.


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